“L’approvazione della legge sull’attuazione dell’autonomia differenziata, così come licenziata dal Parlamento, rischia di aggravare ulteriormente il divario che già oggi esiste non solo tra le diverse Regioni italiane ma anche all’interno degli stessi territori e, dunque, tra i Comuni di una stessa Regione, minando di fatto il principio di unitarietà della Nazione e quello relativo alla garanzia dei diritti sociali e civili in tutto il Paese. Diritti rispetto ai quali non è certamente sufficiente l’individuazione dei Livelli essenziali di prestazioni, come insegna l’esperienza dei LEA in sanità. Per questo mi chiedo come la Regione Abruzzo intenda tutelare i cittadini abruzzesi per impedire il drastico ridimensionamento delle risorse e quindi dei servizi nella sanità, nella scuola, nei trasporti, nelle infrastrutture. Ci sarà un referendum e nessuno potrà esimersi dalla scelta di dichiarare che interessi difendere”.
Così il Sindaco di Teramo Gianguido D’Alberto, che ricorda come il consiglio comunale abbia già espresso la contrarietà dell’assise civica nei confronti dell'autonomia differenziata.
“Come Sindaco, nel prendere atto che nel testo finale, all’articolo 6, si stabilisce che le funzioni amministrative trasferite alle Regione siano conferite, insieme alle risorse finanziarie e strumentali ai Comuni, non posso che rilevare come di fatto, però, gli enti locali siano tenuti fuori da tutto il procedimento di approvazione delle intese fra Stato e Regioni – prosegue il primo cittadino – nonostante siano quelli sui quali impatteranno maggiormente i risultati di questo percorso. E non potrebbe essere altrimenti, perché i Comuni sono gli enti più vicini ai cittadini e quelli che erogano i servizi. In un momento storico in cui dovrebbero essere messi al centro dell’assetto istituzionale del Paese, come rilevato in più occasioni dallo stesso presidente Mattarella, vengono invece messi ancora una volta da parte nel disegno del Governo centrale”.
Il primo cittadino torna poi ad esprimere le proprie preoccupazioni in merito ai risvolti che l’autonomia rischierebbe di avere in particolare su settori quali scuola e sanità.
“Oggi l’autonomia differenziata non è certamente la priorità del paese – prosegue il primo cittadino – soprattutto in un momento in cui il nostro Paese continua a registrare divari economici, sanitari, sociali, di accesso all’istruzione non solo tra le regioni del Nord e del Sud ma anche all’interno delle stesse regioni e degli stessi territori, con le aree interne che scontano, anche grazie all’assenza di servizi, uno spopolamento fortissimo. E tra i settori dove oggi insistono le maggiori differenziazioni ci sono proprio l’istruzione e la sanità, ambiti fondamentali per la vita delle persone. Ambiti che già oggi, di fatto sono regionalizzati, quando non addirittura parcellizzati all’interno delle stesse regioni, e dove i divari rischiano di aumentare drammaticamente. Per quanto riguarda in particolare l’Abruzzo, in sanità abbiamo già un deficit finanziario importante che ci costringe a tagli sul territorio, ad avere liste d’attesa più lunghe d’Italia ed altri disservizi che i cittadini subiscono giornalmente. Con l’autonomia si sancirebbe il fallimento del sistema sanitario abruzzese. L’attuazione di maggiori autonomie in sanità, tra l’altro, rischia di avere ripercussioni negative anche sulle stesse regioni “ricche”, in quanto ad oggi la crisi di sostenibilità del Sistema sanitario nazionale non consente a nessuna regione di aumentare la produzione sanitaria oltre un certo limite. Il paradosso è che nelle regioni più attrattive la crescente mobilità si potrebbe tradurre in un peggioramento del servizio rispetto ai residenti”.
Per il Sindaco, inoltre, un altro aspetto critico sarebbe rappresentato dal rapporto tra cosiddette materie Lep e non Lep. Tra le materie non Lep, che sono potenzialmente trasferibili da subito alla Regioni, ve ne sono alcune particolarmente importanti, soprattutto per il mondo produttivo, quali rapporti internazionali e con l’Ue della Regione; commercio con l’estero; professioni.
“Si tratta di materie che hanno ricadute anche su quelle per le quali dovranno essere individuati i livelli essenziali di prestazioni e che rischiano di creare un moltiplicarsi di norme, regolamenti, albi professionali, con un frazionamento delle politiche di sviluppo – conclude D’Alberto – rendendo di fatto impossibile garantire l’uguaglianza di condizioni di partenza sul territorio nazionale”.