Dicono che la Di Padova sia l’assessora al sociale, anche se, a guardare le sue scelte, sembra piuttosto un’assessora contro il sociale.
Prima le dichiarazioni da copione leghista sui migranti di viale Bovio, accusati di bivaccare per ottenere un “pezzo di carta”; poi l’edificio della scuola Comi blindato in nome del decoro.
E ora si arriva persino a chiedere un foglio di via per un senzatetto. Con una firma si tenta di far sparire una vita, trattata come un rifiuto ingombrante da eliminare in fretta, con il minimo sforzo, purché scompaia dalla vista.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, sempre che, da quelle parti, un cuore ci sia mai stato.
Tutto questo racconta una visione precisa, spietata, di come la nostra assessora intenda affrontare la fragilità: non riconoscerla, non comprenderla, tantomeno provare a risolverla.
Perché pensare soluzioni concrete, che abbiano una reale ricaduta sulla vita delle persone, richiede impegno, ascolto e, soprattutto, competenza.
E quando tutto questo manca, resta solo una via breve e codarda: far sparire il problema, farlo evaporare dalla percezione collettiva, togliendolo dalla vista, come se non esistesse.
Di fronte alle proposte di soluzioni concrete, come quella di un dormitorio, che da anni sollecitiamo, ha fatto spesso orecchie da mercante. Al suo posto sono state individuate risposte non realmente convenienti per la città, andando avanti solo tramite rattoppi, cuciti con toppe sbagliate che colpiscono i/le più fragili.
Non vediamo traccia di una strategia che miri a includere davvero, che permetta a tutti e tutte, anche, e soprattutto, ai più fragili e alle più fragili, di vivere nella nostra città con pari diritti e, soprattutto, con pari dignità.
L’unica risposta che qui si continua a partorire è sempre la stessa: togliere, nascondere ciò che turba l’immagine borghese della normalità cittadina.
Cancellare chi non si adatta, chi non produce, chi non consuma.
Spingerli sempre un po’ più in là, oltre il margine, oltre lo sguardo.
E, possibilmente, mettere a tacere anche chi ricorda che la città non è fatta solo di dehors e aperitivi.
La città si svuota. E non solo di attività. Si svuota, soprattutto, di umanità.
Il sociale si è trasformato in una questione di pulizia, e non tanto delle strade e dei marciapiedi, quanto delle coscienze. Un lavoro da spazzini dell’anima, in cui ogni traccia di umanità che non si allinea alla narrazione borghese viene gettata via.
Ogni vita che incrina la superficie liscia e falsa della “vetrina cittadina”, deve sparire.
Ma tutto questo, esattamente, per proteggere cosa?
L’illusione della vostra vita borghese?
La messa in scena di un benessere costruito sull’espulsione di chi non può permetterselo?
La comoda bugia che tutto vada bene, finché la sofferenza resta invisibile? Per non vedere il costo, in vite umane, che il nostro benessere comporta?
A questo punto, non resta che trarne le conseguenze: chi dimostra disprezzo per questi “dannati della terra”non può più rappresentare alcuna idea di “sociale”. Per decenza e responsabilità politica, l’assessora Di Padova deve farsi da parte.
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