Sette anni. Ottantaquattro mesi. 2.557 giorni. O, se preferite, oltre 3 milioni e mezzo di minuti. È il tempo che il Comune di Teramo ha impiegato per… non fare nulla. Nulla che abbia portato a una ricostruzione concreta della storica sede municipale, cuore simbolico e amministrativo della città. Una farsa lunga quasi un decennio, condita da proclami, promesse mancate, annunci clamorosi e un immobilismo che oggi è diventato, purtroppo, normalità.
Dal 2016 ad oggi, la sede storica del Comune è rimasta un cantiere mai aperto, una ferita aperta nel cuore del centro cittadino. Quello che doveva essere un progetto simbolo della rinascita post-sisma si è trasformato nel paradigma di un sistema bloccato, inefficiente, incapace di restituire alla città i suoi spazi vitali.
E mentre il Palazzo Civico resta chiuso, il Comune paga oltre 100.000 euro all’anno per una sede alternativa. Una spesa che aggrava un bilancio già provato e che urla allo spreco. Ma più ancora gridano allo scandalo le promesse infrante, le scadenze sbandierate e sistematicamente disattese. Lo ha detto il consigliere comunale Carlo Antonetti nel corso di una conferenza stampa che si è svolta oggi, sotto allo storico Municipio di piazza Orsini.
Ecco una breve cronistoria delle dichiarazioni pubbliche redatte da Antonetti:
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Febbraio 2023: “Progetto pronto a marzo, gara a giugno, lavori entro l’anno”;
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Giugno 2023: “Appalto entro fine anno”;
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Dicembre 2023: “Il 2024 sarà l’anno del cantiere”;
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Marzo 2024: “Via ai lavori a fine estate”;
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Settembre 2024: “Cambia il progetto, tempi stretti per la gara”.
Tutte parole. Nessuna concretezza.
Solo a fine gennaio 2024 il Comune ha inoltrato il progetto definitivo all’USR per un primo esame. E la trafila burocratica è ancora lunga: verifica, approvazione, pareri, finanziamenti, gara d’appalto… Un iter che, nella migliore delle ipotesi, porterà all’inizio dei lavori non prima del 2026.
Nel frattempo, i costi lievitano. Dai 5,2 milioni iniziali del 2020 si è passati a 9,6 milioni nel 2023, fino agli oltre 10,2 milioni stimati nel 2024. Una crescita che riflette anche l’incapacità di pianificare e intervenire con tempestività.
Ma oltre al danno economico, c’è un danno ben più grave: quello identitario e culturale. La mancata ricostruzione del Municipio ha spento il cuore del centro storico, contribuendo alla desertificazione commerciale e sociale. La politica parla oggi di incentivi, misure speciali, nuovi piani urbanistici. Ma senza la sede comunale, tutto suona come un palliativo tardivo.
Il “modello D’Alberto”, che avrebbe dovuto incarnare la rinascita, si è trasformato nel suo opposto: uno S-modello fatto di inerzia, opacità e continui rinvii. Oggi, a due anni dalla candidatura di chi già denunciava questo stallo, nulla è cambiato. Anzi, tutto è rimasto tragicamente fermo.
E la città? Assiste, stanca, rassegnata. Anestetizzata. Ma è proprio questa rassegnazione il nemico più subdolo: fa sembrare tutto normale, tutto inevitabile.
È ora di dire basta.
Teramo merita di più. Merita verità, trasparenza, concretezza. E forse, a questo punto, un gesto di responsabilità: le dimissioni del Sindaco. Perché chi non ha saputo costruire in sette anni, non può chiedere altro tempo, ha concluso Antonetti.