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IpogeoterDue milioni e duecentomila euro, per essere precisi. Un milione in più rispetto al progetto iniziale. Questo è quanto è costato, finora, l’intervento sull’Ipogeo di Piazza Garibaldi a Teramo. Un’opera annunciata come la grande svolta urbanistica del centro storico, da presentare sui social con video e post pre-elettorali e da celebrare in conferenze stampa ben confezionate, a pochi giorni dalle urne del D’Alberto bis. Al suo fianco, l’allora assessore ai lavori pubblici Giovanni Cavallari, oggi consigliere regionale, che non ha risparmiato toni trionfalistici.

Eppure, dopo la rielezione, la realtà si è mostrata ben diversa dai render patinati. Oggi, a distanza di mesi, l’unico risultato tangibile è una nuova pavimentazione in pietra e il restyling del cosiddetto "mausoleo" in superficie. La parte ipogea, (sala) invece, è rimasta lì dov’era e com’era: chiusa, incompleta, dimenticata e con le stesse infiltrazioni di sempre.

Nessuna traccia della sala polifunzionale promessa, nessuna soluzione definitiva per le infiltrazioni, nessuna risposta chiara da parte del Comune. E intanto la fontana – simbolo della “rinascita” urbana tanto decantata – si blocca frequentemente, lasciando la piazza in un silenzio assordante.

Tutto fermo, tutto bloccato. Anche il teatro pro tempore al Parco della Scienza, annunciato in pompa magna per ovviare all’indisponibilità dell’Ipogeo, è rimasto un progetto solo sulla carta. Perché lì, nella sala ipogea i cui lavori non sono mai stati iniziati nel frattempo, dovrebbe anche trovare spazio il consiglio comunale. Un conflitto logistico e politico mai risolto, che oggi genera solo impasse.

E come ogni estate, siamo di nuovo qui, con la stessa domanda inevasa: dove farà la sua stagione di prosa la Riccitelli?L’ennesimo vuoto, l’ennesimo rinvio. Assessore Filipponi, se c’è, batta un colpo. Se può.

Nel frattempo, l’Ipogeo resta chiuso. Come la stagione culturale. E come la fiducia dei cittadini, che davanti a cantieri mai iniziati e promesse mai mantenute, rischia di diventare un bene irrecuperabile.

Elisabetta Di Carlo