C’è del comico involontario nella burocrazia teramana. Il Comune, per non farsi mancare nulla, è riuscito nell’impresa di diffidare sé stesso: colpevole di non aver pagato, nei tempi dovuti, le spese legali di un avvocato che aveva difeso – e fatto vincere – un dipendente. Insomma, l’Ente che si scrive da solo la lettera minatoria: “Caro Comune, paga!”. “Sì, ma a chi?”. “A te stesso, grazie”. E così, tra protocolli e faldoni, il debito si è trasformato in fuori bilancio: un classico intramontabile della commedia italiana. A sollevare il sipario sul paradosso ci ha pensato il consigliere di maggioranza Simone Mistichelli, che ha messo il dito nella piaga: «Un ufficio che diffida il suo stesso Comune: siamo alla farsa». E non ha tutti i torti. Perché qui il problema non è il debito in sé, ma la fotografia di uno scollamento totale tra politica e dirigenti, ognuno per conto suo, come comparse di una pièce senza regia. Per rimettere ordine nella trama, Mistichelli ha annunciato una proposta da portare in Consiglio: nominare un direttore generale o, almeno, un coordinatore dei dirigenti. In altre parole, un regista che impedisca agli attori di calpestarsi le battute. Perché va bene la satira, va bene la tragicommedia… ma un Comune che recita contro sé stesso rischia di trasformare la politica cittadina in una perpetua prova generale.