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11077_141_PNGSL.jpegIl 15 dicembre scorso è scaduto ufficialmente il mandato del presidente dell’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, aprendo una fase delicata e decisiva per il futuro di una delle aree protette più estese e complesse del Paese. Con i suoi circa 150 mila ettari, il Parco rappresenta un presidio ambientale fondamentale ma anche una leva strategica per lo sviluppo delle aree interne dell’Appennino centrale. Il quadro normativo è chiaro. La Legge quadro sulle aree naturali protette (L. 394/91) stabilisce che la nomina del presidente avvenga con decreto del Ministro dell’Ambiente, previa intesa con le Regioni interessate, a partire da una terna di nomi proposta dallo stesso ministro. La legge, inoltre, pone un requisito dirimente: i candidati devono essere soggetti in possesso di comprovata esperienza in campo ambientale, maturata nelle istituzioni, nelle professioni o nella gestione di strutture pubbliche o private. Sul tavolo della politica, intanto, iniziano a circolare i primi nomi. Si parla di Carlo Matone presidente del Gal, di un profilo aquilano che rappresenterebbe una scelta legata al territorio, e c’è anche chi torna a riproporre Tommaso Navarra, presidente uscente. Le valutazioni sono in corso e, come da prassi, spetta alla maggioranza che guida la Regione assumersi l’onere e l’onore della proposta.

Come associazione ambientalista nata per la tutela dell’ambiente montano, riteniamo però doveroso sottolineare quanto questa nomina sia cruciale. Non si tratta soltanto di garantire la protezione della natura, ma di rideterminare le basi di un nuovo modello di sviluppo economico e sociale per le aree montane, in coerenza con i principi sanciti anche dalla Costituzione. Non entriamo nel merito dei nomi: non è il nostro ruolo indicare candidature. Ma non possiamo sottrarci dal fornire un contributo di merito a chi dovrà decidere. I territori del Gran Sasso e dei Monti della Laga non possono permettersi altri anni di sostanziale immobilismo, fatti di incontri, targhe, convegni e iniziative celebrative, senza una reale ricaduta sulle comunità locali.

Viviamo e frequentiamo quotidianamente le montagne del Parco. Tra i nostri soci ci sono professionisti della montagna, guide, operatori e appassionati. Abbiamo assistito, anno dopo anno, a un progressivo allontanamento delle comunità locali dalla gestione dell’area protetta. Questo oggi rappresenta un problema serio.

Serve con urgenza una nuova governance capace di ricucire i rapporti tra l’Ente Parco, gli abitanti, le amministrazioni locali e le forze imprenditoriali che, tra mille difficoltà, investono sull’economia sostenibile. Serve un presidente che sappia indossare gli scarponi, conoscere il territorio, “girare le montagne” e parlare con chi le abita.

Saremo vigili affinché il nuovo presidente sia scelto davvero tra chi possiede la necessaria e comprovata esperienza in campo ambientale, come richiesto dall’articolo 9, comma 3, della legge 394/91. In ambito giuridico, il termine “comprovata” non lascia spazio ad ambiguità: significa dimostrata, attestata, supportata da elementi solidi e inattaccabili.

All’attuale presidenza va riconosciuto il merito di aver portato all’approvazione il Piano del Parco, atteso da circa vent’anni. Ma questo, da solo, non basta. È indispensabile completare il percorso con il Regolamento attuativo del Piano e soprattutto con l’approvazione del Piano economico e sociale, lo strumento chiave per coniugare tutela ambientale e sviluppo territoriale.

L’auspicio è che, per il futuro del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, i soggetti chiamati alla nomina del nuovo presidente sappiano andare oltre le logiche di appartenenza e spartizione partitica, individuando una figura realmente capace di imprimere una svolta alla gestione dell’Ente e al futuro delle comunità che vivono queste montagne, scrive in una nota il Responsabile regionale di Moutain Wilderness Abruzzo Massimo Tudini.