Buongiorno, vorrei segnalare quella che ritengo una mancanza di rispetto della dignità dei pazienti nel reparto di pneumologia dell’ospedale di Teramo.
Nel reparto sono in uso smartcam puntate sul letto dei pazienti, senza tener conto della differente condizione di salute degli stessi. Sull’uso della videosorveglianza negli ospedali e luoghi di cura ci sono prescrizioni ben precise del Garante della Privacy, riportate nel provvedimento del 08.04.2010, che al punto 4.2 recita: “L´eventuale controllo di ambienti sanitari e il monitoraggio di pazienti ricoverati in particolari reparti o ambienti (ad es. unità di rianimazione, reparti di isolamento), stante la natura sensibile di molti dati che possono essere in tal modo raccolti, devono essere limitati ai casi di comprovata indispensabilità derivante da specifiche esigenze di cura e tutela della salute degli interessati. Devono essere inoltre adottati tutti gli ulteriori accorgimenti necessari per garantire un elevato livello di tutela della riservatezza e della dignità delle persone malate, anche in attuazione di quanto prescritto dal provvedimento generale del 9 novembre 2005 adottato in attuazione dell’art. 83 del Codice(13)." - La sentenza della corte costituzionale n. 69 del 2024 parla di rispetto delle “dettagliate prescrizioni richieste dal già citato provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali dell’8 aprile 2010”.
Comprovata indispensabilità che sta ad indicare come non si possa fare uso delle videocamere se non in relazione ad uno specifico caso e questa indispensabilità deve essere dimostrata. Inoltre, nel reparto di pneumologia, le telecamere erano in funzione senza che fosse indicata la loro presenza. Solo in seguito ad una segnalazione il reparto ha recentemente provveduto ad avvisare della presenza delle telecamere ma questo non giustifica il loro uso. Tra l’altro questo viene percepito dal paziente come una scelta che l’ospedale può fare e a cui non ci si può sottrarre. Per quello che attiene l’elevato livello di sicurezza a cui fa riferimento la legge, le smartcam comunicano tramite il sistema wifi che non è affatto sicuro e inoltre il monitor non può stare sul bancone del corridoio ma deve stare in un locale non accessibile al pubblico e con operatore sanitario che vigili ininterrottamente.
Credo che il mancato rispetto della dignità dei pazienti sia inoltre testimoniato dalla mancata osservazione della legge regionale n. 20/1985. Un’ampia normativa tutela il diritto alla dignità, a partire dalla costituzione. C'è una normativa nazionale e delle leggi regionali in applicazione a questa normativa che tutelano il pudore del corpo. Per l'Abruzzo c'è la legge numero 20 del 1985 che all’art. 10 recita:
“ Il malato utente dei presidi residenziali ha diritto al rispetto del pudore del suo corpo e alla protezione della sua vita privata”. Si parla non della visita medica ma di tutti quegli atti che più degli altri vengono vissuti come violazione della propria intimità, come l’igiene personale, il catetere, la tricotomia, ecc.
Nel reparto di pneumologia, per l’igiene personale dei pazienti, si fanno turni che non tengono conto della differenza di sesso e capita che passino anche due uomini per l'igiene personale delle donne. I responsabili sanitari giustificano questa modalità operativa con un’adeguata preparazione del personale, come se questo significasse per i pazienti non avere diritto a vedere riconosciuta la propria specificità legata al sesso, alle convinzioni religiose, culturali e personali. A chi ha chiesto un’attenzione maggiore per il parente ricoverato, visto che viene vissuta con un senso di profonda umiliazione dal paziente, è stato risposto che non c’è personale. SI specifica che questo purtroppo avviene anche in altri reparti perchè in ospedale prevale la mentalità del primario o del caposala sui diritti del paziente. La risposta relativa alla mancanza di personale non è una giustificazione, sia perché se ci fosse questa effettiva difficoltà si dovrebbe ricorrere allo spostamento del personale tra reparti, sia perchè in genere il diritto alla differenza viene negato soprattutto a chi è anziano o disabile. Succede di fatto che, ad es., se c’è una ragazza giovane e passa un uomo a lavarla, si chiama la collega, se è una persona anziana o disabile non ci sono problemi. La collega, in questo caso, viene inoltre chiamata se c’è una particolare insistenza da parte della paziente che vuole difendere i propri diritti. Spesso difatti i pazienti non si vivono come persone con diritti ma come persone costrette a soggiacere alle regole dell’ospedale.
LETTERA FIRMATA