Il Mondiale di ciclismo 2020 non sarà ad Alba Adriatica ma verrà ugualmente disputato in Italia, dopo la rinuncia in extremis della Svizzera (con Aigle-Martigny): l’UCI ha infatti deciso di assegnare la competizione iridata a Imola che ha così battuto la concorrenza della Francia che aveva proposto La Planche des Belles Filles, località resa famosa proprio dal ciclismo per via di alcuni recenti arrivi di tappa al Tour.
Imola però ha messo sul piatto una infrastruttura notevole, l’autodromo “Enzo e Dino Ferrari” che dal punto di vista della logistica non ha eguali. Fa un po’ scalpore che un tempio del motore possa essere cruciale nell’assegnazione della più importante gara ciclistica in linea, ma ormai queste manifestazioni necessitano di spazi e caratteristiche da grande evento (e per quello l’ippodromo delle Bettole fu notevole, a Varese 2008).
Chi le ha già pronte, come nel caso di Imola, parte favorito anche sul piano dei costi, perché le strutture necessarie non vanno costruite ma sono già a disposizione. La città in provincia di Bologna tra l’altro non è nuova per il grande ciclismo: proprio l’autodromo fu sede di partenza e arrivo del Mondiale del 1968 vinto da un azzurro, Vittorio Adorni (che sia di buon auspicio?). Di recente inoltre è stato sede di tappa al Giro d’Italia, teatro delle vittorie di Ilnur Zakarin nel 2015 e di Sam Bennet nel 2018.
A sostenere la candidatura di Imola anche il commissario tecnico dell’Italia, l’ex professionista Davide Cassani, che non solo è originario di quelle parti (è nato a Faenza) ma è anche il presidente dell’APT della Regione Emilia Romagna.