ll sogno si spezza sul più bello. Giulio Ciccone, portacolori abruzzese della Lidl-Trek, è stato costretto ad abbandonare il Giro d’Italia dopo una rovinosa caduta nella tappa da Treviso a Nova Gorica. Un colpo durissimo, arrivato forse nel momento migliore della carriera del corridore di Chieti, che puntava a lasciare il segno nelle tappe di montagna di questa edizione.
La scivolata, avvenuta in un tratto tecnico del circuito finale, gli ha provocato una lesione muscolare al quadricipite destro, come ha comunicato lo stesso Ciccone sui propri canali social. “Con il cuore a pezzi devo lasciare il Giro d’Italia”, ha scritto, accompagnando il messaggio con parole cariche di amarezza: “Fa male. Fa malissimo”. Il Giro lo aveva preparato fin da novembre, con mesi di allenamenti durissimi e sacrifici condivisi con la famiglia, spesso lontano da casa e dagli affetti.
“Andare via così è la cosa più brutta”, ha ammesso, sottolineando come il suo vero Giro dovesse ancora cominciare. La squadra, ha detto, aveva “belle idee” per le tappe dure: il terreno ideale per le sue fughe e le sue imprese da scalatore puro. “Tornerò. Più forte”, ha promesso con la determinazione di chi è abituato a rialzarsi.
Il suo forfait è stato un duro colpo anche per i tifosi italiani, che attendevano le sue accelerazioni sulle salite decisive. Ciccone era una delle carte più attese del gruppo tricolore in questa Corsa Rosa.
Van Aert punta il dito: “Serve più buon senso”
A commentare l’incidente anche Wout Van Aert, che ha evitato la caduta per un soffio. Il belga non ha usato mezzi termini: “Il circuito presentava molte curve, ma sono stati i corridori stessi a causare tutto quello che è successo. Le squadre degli uomini di classifica sono troppo nervose, si creano stress da soli ed è per questo che si finisce a terra. A volte basterebbe usare il buon senso”.
Un’osservazione che riaccende il dibattito sulla sicurezza in corsa e sulla gestione delle fasi più tese delle tappe, dove l’ansia da classifica spesso prende il sopravvento sulla lucidità.