La notte dei coglioni. La notte del cervello disabilitato. La notte dell’imbecillità resa virtù. La notte dell’idiozia fatta regola. La notte dei paletti del distanziamento Covid trasformati in legna per i falò. La notte delle birre da lasciare sulla spiaggia o, magari, lanciare in acqua. La notte dell’insulto della ragione. E poi li vedi, al mattino, col loro barcollare ebete, storditi da una notte che vogliono considerare “mitica”, affidandola al ricordo di una vomitata sotto una palma, o magari di una bevuta ai limiti del coma etilico. Sono quelli che ci fa comodo chiamare “Millenials”, nati dal 2000 in poi, che oggi hanno intorno a vent’anni e mitizzano un sistema di valori costruito sul nulla. E’ chiaro, non bisogna generalizzare.. c’è anche qualcuno che fa sperare nella costruzione di un futuro uomo diverso, ma la platea dei coglioni è smisurata. Sì, è vero: siamo stati adolescenti tutti, e tutti abbiamo fatto le nostre cazzate giovanili, ma quelle cazzate erano un frammento di tempo sospeso tra impegno, anche politico, interessi, anche culturali, letture, anche importanti e, soprattutto, partecipazione alla realtà. Nel senso più vero: eravamo immersi nel momento storico nelle nostre vite. Ci informavamo, leggevamo giornali, cercavamo di farci un’idea del Mondo intorno. Non ci fermavamo alla litania stolta dei filmatini scemi di tiktok, che ci stanno anche, ma solo se diventano il momento dell’eccezione svagante, non quello della regola formante. Virtuali al punto di aver barattato la telefonata con lo scambio di messaggi audio su whatsapp, questi ragazzi, che sono poi i nostri figli, cercano lampi di realtà nel fondo di una bottiglia, e tanto più quella bottiglia ospita gradazioni alcoliche elevate, tanto più la realtà si fa vera. Tutto questo, che in ogni altro anno sarebbe stato già di suo la manifestazione di uno scollamento col reale, quest’anno si fa trionfo della coglionaggine. Perché quei ragazzi, che questa mattina vagavano con l’occhio perso sul lungomare di Tortoreto, disperati perché «…mi sono perso l’iphone sulla spiaggia…», preoccupati perché: «…same rotte la furnacelle, mo’ che je diche a patreme?…», ma anche esaltati perché: «…che forza ‘stà cosa der falò su a spiaggia, a Roma nun lo famo…», e che si assembravano in una torma ebbra di sonno e del residuo alcolico, sono gli stessi che hanno vissuto la costrizione del lockdown, più di tanti adulti. Sono quelli che hanno sofferto la didattica a distanza. Sono quelli che hanno dovuto rinunciare alle gite, ai diciottesimi, ai concerti coi biglietti comprati mesi prima, alle uscite con gli amici. Sono i figli dei cassaintegrati, che non hanno ricevuto ancora l’assegno promesso. Sono i figli degli infermieri dei turni massacranti. Sono i nipoti degli anziani uccisi dal virus. Sono quelli che, per l’onda lunga di questo virus maledetto, dovranno cercarsi in un lavoro in un orizzonte economico che per anni e anni patirà i riflessi di una crisi che, per ora, possiamo solo temere, ma che manifesterà tutta la sua devastante portata non appena finirà il blocco dei licenziamenti.Ma tanto, che gliene frega: loro non fanno progetti, non guardano oltre, non sognano. Emulano, meccanicamente, influencer e trendmaker, in una perenne spirale involutiva che li condanna alla certezza di un presente che è fatto di nulla, magari turbato solo da un nuovo tiktok da rifare. E no, non provateci neanche a dare la colpa alla famiglia, alla società, alla rete, alla televisione, ai social… sono tutti facili alibi, per cercare di dare ad una pletora di analfabeti funzionali una possibile via di fuga. No. Non l’accetto. Questa è la generazione che, nella storia dell’umanità, gode della maggior possibilità di conoscenza. Se la barattano con una vomitata sulla spiagga, sono coglioni.
Adamo
LA FOTO E' STATA SCATTATA QUESTA MATTINA A TORTORETO, ALTRO SERVIZIO QUI