Nelle vite di tutti noi, ma proprio di tutti, c’è un pensiero ricorrente, che accompagna quasi sempre le nostre giornate, che si ripropone ad ogni risveglio e che tormenta le nostre nottate.
Un tarlo.
Quello di tutti i teramani, ma proprio di tutti, non è un pensiero, ma una domanda, un dubbio, un quesito, che corrode ogni nostra giornata.
“A che serve la Provincia”?
E’ questa la domanda esistenziale di ogni cittadino d’Interamnia e, certo, di ognuno degli oltre trecentomila residenti in questo spicchio di terra d’Abruzzo.
Da Silvi a Martinsicuro, fin sulla vetta del Gran Sasso, l’angosciosa domanda rimbalza di continuo, all’affannosa ricerca di una risposta.
“A che serve la Provincia”?
E rimbalzando rimbalzando, quella domanda è andata ad infilarsi addirittura nel palazzo di via Milli che ospita la Provincia, ha salito le scale ed è andata ad appoggiarsi sulla scrivania del Presidente Camillo D’Angelo.
Che ha deciso di rispondere.
Sì, con un atto di coraggio, ha deciso di rispondere alla madre di tutte le domande.
“A che serve la Provincia”?
La risposta è: trentaseimila euro.
Come dite?
Questa non è una risposta?
Lo è, eccome se lo è.
E’ scritto chiaramente nella “determina dirigenziale n.513 dell’8 maggio”, che ammette: «…la Provincia ha subito profondamente il ridimensionamento disposto dal Parlamento nel 2014, e questo oltre ad una perdita in termini di competenze ha senza dubbio indebolito il ruolo che la Provincia riveste nel territorio. Questo si è tradotto in termini di mancata conoscenza dei cittadini delle reali funzioni fondamentali che ancora appartengono alla provincia di Teramo».
Avete letto bene?
Rileggiamo insieme il passaggio - cardine: «…mancata conoscenza dei cittadini delle reali funzioni fondamentali che ancora appartengono alla provincia di Teramo».
Quindi?
Trentaseimila euro.
Anzi: trentaseimila e seicento euro
Sono quelli che andranno - senza gara d’appalto - alla Omniasoft di Roseto degli Abruzzi, azienda certo rispettabilissima, che la Provincia ha scelto per «…un servizio di gestione e comunicazione web istituzionale che si occuperà di gestire e ottimizzare la presenza online della Provincia di Teramo. Il servizio comprende una serie di attività e strategie volte a garantire una comunicazione efficace e coerente attraverso i canali digitali».
Per essere più chiari: la Provincia spenderà 36mila euro per chiedere ad una ditta esterna di spiegarci a cosa serva la Provincia.
Immagino che, adesso, i miei quaranta lettori dalla memoria fertile, si stiano chiedendo se non bastassero già gli 87mila euro, ripeto 87mila euro, per “un servizio di promozione e valorizzazione del territorio mediante l’utilizzo di vari strumenti e materiali promozionali anche mediante l’utilizzo di strumenti digitali quali content marketing, storytelling, creazione video e materiali promozionali, influencer marketing ed advertising social media”, dei quali ho scritto qualche giorno fa.
Ma che domande fate?
Certo che non bastavano: quelli erano per gli influence, questi servono a «…permettere a tutti gli stakeholders di venire a conoscenza delle attività istituzionali svolte dall’Ente».
Capite?
S’erano dimenticati degli stakeholders.
Ma come è stato possibile?
Dove avevano la testa?
È davvero incredibile il dover scoprire che, in quell’affidamento da 87mila euro, nessuno si sia accorto che mancavano gli stakeholder.
Che imperdonabile mancanza!
Poveri stakeholders… abbandonati senza neanche uno straccio di notizia sulle attività della Provincia.
Per quelli che (quorum ego) non amano le anglofonie, ricordo che gli stakeholders, cioè i portatori di interesse, nel caso di un ente pubblico…siamo noi.
Quei trentaseimila e seicento euro - senza gara (l’avevo già detto, vero?) - servono proprio per spiegare a noi a cosa serva la Provincia.
Anche se, qualcosa mi dice che dopo il mio articolo sull’autista del Presidente, quello sugli 87mila euro agli influencer e quello che avete appena letto, i cittadini, pardon: gli stakeholders una mezza idea di quello che fa la Provincia cominciano a farsela…
ADAMO