Continuo ad avere l’impressione che, nella vicenda del Bonolis, la gianguideria sia sempre più simile alla ciurma di Cristoforo Colombo:
quando è partita non sapeva bene dove stesse andando,
quando è arrivata non sapeva dove si trovava,
ma tutto l’ha fatto con i soldi degli altri.
A parte i festeggiamenti dell’altra sera, al termine di un Consiglio Comunale durato più di una messa cantata e, in gran parte, come le messe cantate, riservato al “contorno” del momento vero e proprio, che era la votazione, credo che tutto quello che renderà davvero “epocale” la vicenda del Bonolis, lo dobbiamo ancora vedere.
E non mi riferisco solo all’equivoco su quello che accadrà realmente nei prossimi sei mesi, del quale vi ho già dettagliatamente raccontato (in QUESTO articolo), ma su quello che potrebbe accadere dopo, quando davvero andrà a gara la nuova convenzione.
E qui, devo fissare tre punti:
1) la convenzione appena sciolta, era a costo zero per il Comune, ergo: la nuova non potrà essere onerosa, a rischio di ritrovarsi con le Fiamme Gialle negli uffici;
2) la nuova convenzione dovrà coprire tutti i costi “sportivi” dell’impianto, comprese le utenze, l’ammortamento della sostituzione del manto erboso sintetico, la manutenzione degli impianti pubblicitari… etc, se consideriamo che, per sei mesi, il Comune ha giudicato “congruo” il prezzo di 140mila euro, più iva e senza utenze… non siamo molto lontani se ipotizziamo una base di gara che sfiorerà i trecentomila euro.
3) la gara dovrà prevedere, perché altrimenti tutto questo ambaradan sarebbe servito a nulla, un “privilegio” nell’accesso all’impianto per la più importante espressione calcistica del territorio comunale; ergo: chiunque prenderà in gestione l’impianto dovrà interfacciarsi prioritariamente con la Teramo Calcio, che è in questo momento la “massima espressione” calcistica, cioè con una società che, e la cronaca recente lo dimostra, non dispone di risorse tali da pagare somme esorbitanti per usare il Bonolis.
Quindi, che succederà?
Anche qui, lo so che sono ripetitivo, ma la risposta offre tre possibilità:
1) La Teramo Calcio vince la gara, si carica del costo intero di gestione dello Stadio e lo usa a proprio piacimento, per allenamenti e partite, rientrando dei costi con i biglietti e la gestione dei bar. Ipotesi affascinante, ma conti alla mano difficilmente percorribile.
2) Un imprenditore, scollegato dalla Teramo Calcio, prende in gestione lo Stadio e, per rientrare, lo affitta alla stessa Teramo Calcio e, nelle ore restanti, a chiunque possa garantirgli una entrata in grado di coprire il costo di gestione, anzi: di guadagnarci. Ipotesi possibile, ma il rischio è di ritrovarsi nuovamente con un costo d’uso pesante per il Teramo;
3) La gara va deserta e il Comune si ritrova con la patata bollente della gestione diretta dello Stadio, anzi: con il “fantasma” di una convenzione a costo zero annullata.
Se sulle prime due ipotesi si potrebbero fare mille valutazioni, ma sarebbero inutili fino a quando non conosceremo il “quantum” della gara e le tariffe “riservate” alla “massima espressione calcistica del Comune”, e poi quella che davvero mi interessa oggi, in questo articolo è la terza.
La gara deserta.
Perché nella sua navigazione a vista, in cerca della Indie bonoliche, Cristoforo Gianguido (a proposito, la battuta in apertura non è mia, ma ho "rivisto" Churchill) una sua idea ce l’ha.
Che poi non è proprio sua, ma pare sia più il frutto dell’elaborazione di un paio di avvocati molto vicini alla gianguideria.
L’idea è questa: se la gara va deserta, lo Stadio lo affidiamo direttamente ad una società, che possa perseguire: «…le finalità istituzionali degli enti pubblici soci».
Cioè una società che lavori per il pubblico, ma con i modi del privato e che, soprattutto, non abbia una “convenzione annullata” di cui render conto, ma possa anche - in teoria - compensare i costi dell’investimento attingendo ad altre entrate.
Quella società - guarda certe volte la coincidenza - esiste e, manco a dirlo, il Comune di Teramo né è socio.
Anzi: padrone.
Si chiama “Teramo Ambiente spa”.
Affidare - in extrema ratio - il Bonolis alla TeAm, sarebbe la scialuppa di salvataggio che Cristoforo Gianguido sarebbe pronto a calare in mare, se la nave dell’operazione Bonolis dovesse puntare verso gli scogli di una nuova voce sulle “uscite” del bilancio comunale.
Certo, andrebbe verificata la sostenibilità dell’operazione per la TeAm, così come si dovrebbe passare all’approvazione del Consiglio Comunale, ma è un’ipotesi sulla quale il Nostro riflette.
Da giorni.
Per ora, va detto, è solo un’idea, una riflessione a voce alta del Primo Cittadino, ma sulla quale lo stesso D’Alberto si è confrontato con i suoi fedelissimi tanto che, ma a livello di pura ipotesi, questa idea è già circolata anche tra i corridoi della TeAm.
In quelle stanze di via Delfico che, ai tempi del presidente Malavolta, erano proprio la sede della Teramo Calcio.
Guarda certe volte la coincidenza…
ADAMO