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AndrecorSe voleva giocarsi la carta dell’effetto sorpresa , non avrebbe potuto scegliere momento migliore di quello di ieri, Camillo D’Angelo, nel lanciare la candidatura a Sindaco di Andrea Core. Perché l’ha fatto nel momento strategicamente perfetto, con la Maggioranza in crisi di identità, sfaldata e  disunita, al termine di un Consigljo bis che ha segnato il passaggio forse più complicato di tutta l’era gianguidica. 
Provo a tradurlo in una metafora ciclistica: dopo una salita estramamente faticosa, nella quale non sono mancate cadute, problemi e un paio di ritiri, e che il gruppo  ha affrontato con grande difficoltà, è partita la fuga di Andrea Core, che ha preso tutti in contropiede. 
Uno scatto violento, improvviso, coi rapporti lunghi e la gamba carica, che ha subito fatto guadagnare a Core un discreto vantaggio. Uno scatto che ha fatto subito il vuoto, tra il palese stupore di chi non se l'aspettava e il malcelato disappunto di chi s'era fatto un progetto diverso, magari personale. 
E adesso, ovviamente, come in tutte le solitarie fughe lunghissime, c’è già chi pensa che questo sia un tentativo velleitario e che il Gruppo, quando vorrà, non avrà difficoltà ad andare a riprenderlo.
In realtà, questa fuga non ha nulla di velleitario, ma è una precisa scelta, un pianificatissima azione, lanciata nel momento giusto.
Per andare a riprendere un fuggitivo, infatti, è necessario che si verifichino due condizioni: un gruppo coeso e qualcuno che “tiri” coi cambi rapidi.
Ecco, la gianguideria è esattamente il contrario: il gruppo non esiste, le squadre fanno strategie diverse e a tratti configgenti, i capi non si parlano tra loro e di mettersi a tirare non ha voglia nessuno, perché tutti sanno che nessuno darà i cambi. 
È vero, il traguardo è lontano, ma Andrea Core è partito, ed è un passista capace di reggere ritmi anche molto alti, mentre alle sue spalle non mi sembra di intuire la pedalata di qualche talentuoso velocista, né di qualche ispirato grimpeur, ma soprattutto non vedo gregari capaci di farsi carico della fatica della rincorsa, anzi: vedo la pedalata stanca di un gruppo invecchiato e imbolsito, con qualche vecchia gloria a fine carriera e qualche giovane col fiato corto. 
E poi, soprattutto, mancano le squadre. In particolare manca la squadra più importante, quella del PD, della quale ho avvistato l’ammiraglia contromano. 
Quella che era, un tempo, la più importante squadra del gruppo gianguidico, nella quale si sono formati quasi tutti gli attuali protagonisti della vita pubblica teramana, e che ha saputa anche esprimere qualche campione di livello regionale e nazionale, è oggi a livello comunale  una polisportiva che fatica tra i dilettanti.
L’ultimo congresso, ne è stata la plastica rappresentazione. Perché un congresso, specie in un momento politicamente delicato come quello attuale, doveva essere un momento di confronto, anche un bilancio delle attività interne ed esterne, invece è mancato il confronto dialettico, nessuno ha potuto esprimere dubbi o magari perplessità sulla gestione di questi anni e sull’assenza di una politica chiara. Anzi: c’è stato chi non ha ricevuto per tempo le comunicazioni sulla possibilità di candidarsi al congresso, né i tempi dell’iter congressuale.
Nessuno ha avuto la possibilità - e non mancavano voci critiche - di commentare l’esagerato appiattimento sulle posizioni del Sindaco senza mai, sottolineo mai, dare, anche pubblicamente, stimoli critici (che non vuol dire mandare in crisi una Giunta), solo perché il partiti esprime assessori e vicesindaco. Le (rare) posizioni pubbliche del partito non vengono mai dibattute all’interno. Anche dinanzi ad una crisi politica evidente in Comune, non c’è stata alcuna discussione, neanche su quale sia la linea politica che assumono consiglieri ed assessori. 
Una gestione del mandato elettorale, che ha mortificato la partecipazione e spento gli interessi, basti pensare che il PD teramano è passato dai quattro - cinquecento iscritti di pochi anni fa ai novantacinque di oggi in tutta l’Unione comunale.
Se una squadra non gira, la colpa è sempre dell’allenatore, ovvero di quell’incolore Pamela Roncone, che non credo abbia mai conosciuto la fatica della pedalata, se non di qualche comodissima bicicletta elettrica, per una rilassante passeggiata su quelle strade collinari vibratiane che continua a preferire a quelle, ben più trafficate, ciclopedonalizzate e cordolate della nostra città. 
“Credo fermamente che la Comunità del PD produca buona politica e raggiunga risultati positivi e aggreganti  se il Segretario è parte di decisioni corali che coinvolgano tutti gli iscritti. Così abbiamo operato negli ultimi due anni, così sarà per quelli futuri” sottolineava proprio Pamela Roncone, nel comunicato stampa (scritto da chi?) post congresso.
Parole. Solo parole.
“Le parole non spostano di un centimetro la bicicletta” diceva Francesco Moser. 
Andrea Core è in fuga. 
Chi è "in gamba", lo segua… ripeto: segua, non insegua,  perché questa è una fuga che potrebbe arrivare lontano, molto lontano.

ADAMO