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GianguerroreQuella che state per leggere è la storia di un errore.
Anzi: di un grande errore.
Così grande che saremo chiamati a vergognarcene dalle generazioni future.
Così grande che, tra dieci, quindici, venti, cinquanta anni, qualcuno ne parlerà e - giustamente - ci insulterà, proprio come noi facciamo oggi con i teramani che, alla vigilia degli Anni ’60, decisero di abbattere il Teatro Comunale, per lasciare il Corso alle vetrine della Standa.

Un errore grande come una piazza, che c’era, non c’è, poteva esserci, ma non ci sarà. 

Questa sera, dopo lo scialbo Consiglio Comunale dedicato al question time, la Maggioranza si è riunita ufficialmente per discutere di un permesso di costruire in deroga, ma in realtà per gettare le fondamenta dell’errore che sarà la “macchia” più grande, che la gianguideria lascerà sulle pagine del libro della storia di Teramo.

E non sono mancati nervosismi palesi, silenzi imbarazzanti, mutismi colpevoli, tensioni manifeste, incazzature soffocate e menefreghismi di circostanza.
Una disinvolta rincorsa a mettere la testa sotto la sabbia.

Perché quel permesso di costruire in deroga riguarda un piano, anzi: il piano in più di un palazzo che sta per essere abbattuto e ricostruito.
Il problema che agita la Maggioranza, però, non è quel piano: è il palazzo.

E’ tutto il palazzo.

Perché quello che sta per cadere e poi rinascere, è il palazzo della Sanità, il palazzone di piazza Martiri Pennesi sede dell’Arta, anzi: dal quale l’Arta sta traslocando a piano d'Accio, nella sede dell'Infosat,  perché i lavori stanno per cominciare.

E quando cominceranno, oltre a ricostruire quel palazzo identico (anzi: con un piano in più) costruiranno l’errore del quale ci dovremo vergognare, perché a quel punto avremo perso l’occasione di riprenderci la piazza, liberandola da quel palazzo e regalando a Teramo una seconda piazza …a dieci metri da piazza Martiri.
Prima di procedere con la progettazione, infatti, l’Arta ha tentato di aprire un confronto col Comune, offrendo la disponibilità a lasciare la piazza, in cambio di un’area grande abbastanza per ricostruire quel palazzo. 

Un’idea, una “visione” sulla quale il Comune si sarebbe dovuto lanciare senza tentennamenti, anzi: sulla quale tutta la città si sarebbe dovuta lanciare con entusiasmo… e invece…

Invece, niente.
Tranne l’assessore Marco Di Marcantonio, che fin dal suo insediamento ha cercato di portare in Maggioranza il confronto su questa “visione”, il resto della gianguidaglia ha mantenuto un colpevole distacco.
E stasera, però, si sono sprigionate le scintille in Maggioranza, con una ridottissima pattuglia di “visionari” che, insieme a Di Marcantonio, si è schierata contro… con Valentina Papa, Simone Mistichelli ed Emiliano Carginari, che contestavano i modi e i tempi di questa scelta… e la grande occasione che perderemo.

Gli altri, in silenzio.
A cercare un buco nella sabbia.
Perché - pare - per “spostare” quel palazzo, ci vorrebbe un milione di euro, per ripagare all’Arta i costi di progettazione.

E non vogliono… quegli stessi consiglieri che hanno votato a favore dei sei milioni di euro per riprenderci il Bonolis, non vogliono spenderne uno per riprendersi la piazza.
La storia non li dimenticherà.

Eppure, provate ad immaginarvela… quella piazza liberata dal palazzone. 
Io, l’ho fatto… guardatela. 




PENNESI3
Ma potrebbe essere anche un giardino, o un parcheggio sotterraneo (c’è già uno scavo profondo sotto il palazzo)… oppure semplicemente potrebbe essere quello che… è stata un tempo, prima che quel brutto palazzone togliesse il sole all'antica facciata di fronte.
Guardatela, com’era limpida quella Teramo…




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Sarebbe bastato poco.
Sarebbe bastato volerlo, sedersi al tavolo dell’Arta e proporre una soluzione alternativa, tipo l’area confinante con la sede dell’Inail in via Franchi, o magari quella dell’ex dispensario (facendo l’accordo con la Asl), ma anche altre soluzioni, anche davvero visionarie, tipo il rudere davanti al Teatro Romano, che potrebbe essere finalmente demolito per costruire un palazzo, magari porticato. 

E invece, niente.

Ormai, è quasi impossibile impedire l’errore.
Ci vorrebbe un coraggio che la gianguideria non ha, una visione che la gianguideria non ha, soprattutto un amore per la città che la gianguideria non ha.

Vista l’agitazione in Maggioranza, il presidente del Consiglio Comunale Melarangelo sembra che stia valutando l’ipotesi di non portare questo permesso in deroga in Consiglio l’8 maggio… ma di portarla in quello successivo, che non sarebbe quello del 15, perché sarà lo straordinario sul Commercio, ma si andrebbe al 18.

Il 18 maggio.

Curiosa coincidenza.

Il 18 maggio del 1959 il Consiglio Comunale di Teramo votò a favore dell’abbattimento del Teatro Comunale.
Imparate dal passato.

Portatevi avanti col lavoro… cominciate a vergognarvi.
ADAMO