• FESTA AGRICOLA
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Metti una domenica di fine Aprile, con Pasqua alle spalle e il sapore delle Virtù che comincia a farsi attesa.
E metti che te ne vai a fare una passeggiata sulla costa dei Trabocchi, impreziosita da un buon pranzo sul ragno legnoso di Punta Cavalluccio.
E poi metti che te ne torni a Teramo e, in cerca di un caffè, ti ritrovi impelagato nel collettivo rito del momento: la ricerca del parcheggio caferzo per la Fiera. L’attrazione potente che la sagra agricola teramana esercita sui vicini contadi rurali, ci regala momenti di vera estasi parcheggiatoria, con una creatività che a volte rasenta l’arte pura.
Per sfuggire, provo a strambare verso Porta Madonna e all’improvviso la domenica racconta tutta un’altra storia, perché mi trovo al cospetto della sconfortante sfilata della Festa della Pace, che di trionfante ha solo la mestizia.
Non c’è niente di più triste, se non i funerali, di una rievocazione storica non “sentita” dalla gente, non “partecipata” dal popolo, non “vissuta” dai cittadini.
In confronto al corteo della pace, la processione della Desolata sembra il sambodromo di Rio de Janeiro.
Il malinconico corteo, formato soprattutto da volenterosi ultrapensionati, tra i quali anche qualcuno casì male in arnese da sembrare contemporaneo del costume che indossa… s’incammina traballante verso il Duomo.
Già, i costumi… quanta fedeltà storica in quel labaro che recita “Giostra della Quintana”, evento che sta alla tradizione teramana come la piadina sta al timballo.
E stendo anche un pietoso velo sul ritmo dei tamburini ascolani e sulle sfrenate sbandierate dei loro compari, che nulla sembrano avere a che vedere con la liturgia antica del gioco di bandiera, che aveva le sue regole e i suoi tempi, perché era un’affermazione di potenza, non un’esibizione.
A dettare i passi della rievocazione, scorgo Piero Chiarini, presenza che mi ricorda come questa sia l’ennesima manifestazione perdibile organizzata dall’associazione Teramo Nostra che, come è noto, organizza anche il Premio Di Venanzo al quale il Comune ha concesso quest’anno 56mila euro di contributo.
Ma torniamo alla Festa della Pace, manifestazione che rivide la luce - con ben diverse premesse - grazie ad Italo Di Dalmazio, ma che poi si è lasciata di nuovo ripiombare in un oblìo dal quale queste tristissime sfilate non solo non la liberano, ma addirittura ne sottolineano la necessità.
Che sia davvero una Festa della Pace, ma eterna. 
ADAMO