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MORTOSPEDA

Continua a far discutere e non si è ancora spento l’eco di quelle urla, prima imploranti aiuto e poi di disperazione della moglie del povero Enzo Di Felice , il cittadino deceduto davanti all’ingresso del pronto soccorso dell’ospedale di Avezzano, nell’attesa di un ricovero negato.
Un soccorso che, più che “pronto”, sembra sia stato omesso.
Perché l’uomo non ha ricevuto le cure necessarie e immediate? Il soccorso è stato forse omesso o ritardato a causa della farraginosa procedura dettata per la prevenzione “anticovid”, senza operare una doverosa valutazione preliminare sulla reale gravità ed urgenza?
E, soprattutto, come è stato possibile negare il ricovero urgente e quindi lo stesso diritto alla salute garantito dall’art. 32 della Costituzione, sulla base della rigida e acritica applicazione di norme di rango puramente amministrativo?
Un fatto è certo: l’accesso agli ospedali pubblici e quindi la tutela stessa del diritto alla salute, soprattutto per i cittadini indigenti, è ormai divenuto un difficile percorso ad ostacoli, a causa dell’egemonia assoluta del “chinavirus”.
Può allora accedere che, nell’attesa dell’espletamento degli accertamenti preliminari “anticovid”, si possa anche morire uccisi dalla burocrazia sulla soglia di un ospedale ove, come avvenuto in Campania, sono state ricoverate persino persone risultate “positive” al virus ma “asintomatiche”, cioè non malate.
Ma il Ministro della Sanità non può certo aver abrogato l’art. 32 della Costituzione e quindi deve esser inderogabilmente osservato l’obbligo giuridico assoluto, gravante su medici ed infermieri in servizio presso i reparti di Pronto Soccorso, di garantire un reale pronto soccorso ai malati in condizioni di salute grave o con necessità d’urgenti cure.
Un obbligo la cui mancata osservanza, vigente l’art. 40 cpv del Codice Penale (… non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico d’impedire, equivale a cagionarlo), ben potrebbe condurre a un’incriminazione non già per omissione di soccorso, bensì per il grave delitto di omicidio volontario, ove gli Inquirenti, all’esito degli esami medico- legali in corso, accertino che la pronta prestazione delle cure omesse o ritardate avrebbe potuto salvare la vita dello sfortunato cittadino.
Ecco cosa si rischia ad applicare in maniera acritica disposizioni amministrative che contrastano con la Costituzione e a volte persino con il Codice Penale: l’incriminazione per omicidio volontario, un delitto punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
Non c’è allora da meravigliarsi se il nostro Miniserto della Salute, con incredibile sforzo d’immaginazione, è giunto persino ad affermare, in materia di soccorso da parte dei “bagnini”, che si ritiene necessario raccomandare la ventilazione esterna solo con uso di pallone auto-espansibile (tipo Ambu) ed eventualmente ma solo in casi limite (es. problemi con il pallone-maschera, misura inadeguata della maschera , pazienti pediatrici ) utilizzare la pocket -mask provvista di tubo distanziatore ……. Sono invece da evitare ventilazioni bocca-bocca o con telino da interposizione.
Una “raccomandazione” assurda che, se applicata alla lettera, avrebbe potuto provocare la strage delle persone a rischio d’annegamento, considerato che la respirazione “bocca – bocca” in determinate circostanze di luogo e di tempo, può rappresentare l’unico rimedio praticabile con urgenza.
Per il Ministro Speranza i malati possono aspettare e morire sulla soglia d’ingresso di un Pronto Soccorso, mentre le persone soccorse in mare, soffocare nell’attesa dell’arrivo del pallone auto-espansibile (tipo Ambu)?
Meglio esser multati per aver disatteso un assurdo DPCM, un’ordinanza o circolare illegittima, piuttosto che subire un’incriminazione per omicidio volontario!
È doveroso, allora, ricordare quanto accaduto per aver acriticamente seguito le “raccomandazioni” date dal Ministero della Sanità su autopsie e cremazione dei poveri cittadini deceduti in ospedale e risultati “positivi” al “chinavirus”.
Come ho già scritto su Certastampa (leggi QUI) la tutela della salute pubblica non è stata sempre una priorità perseguita con coerenza ed efficacia dal Governo, come dimostra la lettura della circolare del MINISTERO DELLA SALUTE, DIREZIONE GENERALE DELLA PREVENZIONE SANITARIA Ufficio 4 (n. 0012302-08/04/2020-DGPRE-DGPRE-P), avente per oggetto “Indicazioni emergenziali connesse ad epidemia COVID-19, riguardanti il settore funebre, cimiteriale e di cremazione” che, in materia di “Esami autoptici e riscontri diagnostici” ha così statuito:
“Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di COVID-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio.”4 2. L’Autorità Giudiziaria potrà valutare, nella propria autonomia, la possibilità di limitare l’accertamento alla sola ispezione esterna del cadavere in tutti i casi in cui l’autopsia non sia strettamente necessaria. Analogamente le Direzioni sanitarie di ciascuna regione daranno indicazioni finalizzate a limitare l’esecuzione dei riscontri diagnostici ai soli casi volti alla diagnosi di causa del decesso, limitando allo stretto necessario quelli da eseguire per motivi di studio e approfondimento”. Perché mai non si sarebbe dovuto procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di COVID-19? Una disposizione che, al pari di molte delle irrazionali e incomprensibili limitazioni dei diritti di libertà dei cittadini, sembra sorretta da una “logica” oscura e impenetrabile, tanto più che, come si afferma nella contraddittoria circolare, “con il decesso cessano le funzioni vitali e si riduce nettamente il pericolo di contagio (infatti la trasmissione del virus è prevalentemente per droplets e per contatto)…”
Non possiamo allora dimenticare che, grazie al buon senso di alcuni medici “ribelli”, i quali hanno eseguito autopsie in violazione dell’assurda circolare, abbiamo potuto scoprire come l’effetto più insidioso del “chinavirus” sia rappresentato dalla “Coagulazione Intravascolare Disseminata”, consistente nella formazione di grumi di sangue e trombosi. Si è così accertato, con grave e colpevole ritardo, che i trattamenti tramite ventilazione meccanica nelle terapie intensive erano addirittura controindicati, con la conseguenza che alcune complicanze ben potrebbero esser state prodotte da diagnosi errate e quindi da terapie inadeguate e persino dannose. Quante sono le vittime di tali errate diagnosi e cure? Certo è che il compito delle Procure, che non potranno esimersi dallo svolgimento di severe indagini, appare (a dir poco) arduo perché, com’è tristemente noto, i cadaveri sono stati cremati e negati persino i funerali.
Ma, come era solito ripetere e insegnare il nostro concittadino Marco Pannella, “dove c’è strage di legalità c’è strage di popoli”e, come ha finalmente ricordato il Presidente Mattarella, dopo un lungo silenzio, “le altre patologie non sono finite in lockdown, troppi screening e cure sono rinviati per terapie che, come i tumori, non consentono pause e sospensione”.
Vincenzo di Nanna

 

 

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