“Il Giugno Teramano”. C’era una volta… e, quando c’era, qualcuno ne parlava bene e qualcuno male. Questo perché alcune edizioni furono ottime, altre meno buone e altre addirittura pessime. Ci furono elogi sperticati e stroncature critiche. In fondo non ebbe molte edizioni, ma lasciò a lungo una scia di ricordi e perfino di… rimpianti. I teramani rimpiangono spesso qualcosa quando non l’hanno più. Così accadde che a poca distanza dall’ultima edizione del “Giugno Teramano”, qualcuno lo voleva resuscitare, qualcun altro sosteneva che non doveva durare solo un mese, il mese di giugno, ma doveva essere spalmato lungo tutto l’arco dell’anno. Tra tante diverse opinioni e proposte e tante chiacchiere, il “Giugno Teramano” non risuscitò mai, anche se per qualche breve stagione di eventi e di spettacoli pubblici venne scomodato, ma impropriamente, il termine “Giugno Teramano”. Dell’edizione del 1960 la stampa teramana parlò bene. “il Messaggero” dell’11 giugno 1960 si compiaceva del successo del concerto di apertura, che, scriveva, era stato salutato dal pubblico con molta soddisfazione, con grandi applausi all’orchestra sinfonica dell’Associazione Filarmonica Teramana e alla Corale “Giuseppe Verdi”. Quelli erano tempi in cui non si puntava ad artisti di grido nazionale, a celebrità della radio e della televisione, ma ad artisti locali, al massimo abruzzesi. Sì che il giornale giustamente segnalava che si era trattato di un “concerto veramente teramano”. Tutti i maestri erano “autentici figli della nostra terra”: Arnaldo De Angelis, Ennio Vetuschi, e, soprattutto, una gloria dell’Abruzzo, il maestro Antonio Di Jorio, autore della celebre “Vola vola”. Aveva poi partecipato al concerto il maestro Eriberto Scarlino, del Conservatorio di Firenze, autore del concerto sinfonico “Le Villi”, composto nel 1914, che era stato eseguito con successo, alla sua presenza, dall’orchestra sinfonica della Filarmonica Teramana diretta dal maestro teramano Arnaldo De Angelis. Scarlino, nato a Milano nel 1895, morirà due anni dopo la sua presenza a Teramo, nel dicembre del 1962. Era stato titolare di numerose cattedre in vari conservatori italiani, quali il liceo musicale «Benedetto Marcello» di Venezia (1921), il conservatorio « Arrigo Boito » di Parma (1926), dal 1933 era stato direttore, per tre anni, del liceo musicale italiano « Giuseppe Verdi » di Alessandria d’Egitto e dal 1937 era stato direttore del conservatorio di musica «Luigi Cherubini» di Firenze. Il maestro Di Jorio aveva diretto, nel concerto d’apertura del “Giugno”, “Abruzzo”, una suite sinfonica definita dal giornale un capolavoro di folklore, di sentimento, di religiosità, che caratterizzava il popolo abruzzese. L’opera aveva proposto i canti a volte spensierati melanconici dei contadini abruzzesi che accorrevano a frotte ai santuari per invocare grazie per parenti e amici, il canto di una madre che cullava con amore il suo piccolo, la festa gioiosa di un villaggio. Erano elementi culturali cari al popolo, purtroppo assai lontani dal modernismo invadente. Al concerto, aggiungeva “Il Messaggero” aveva preso parte anche il giovane musicista teramano Giovanni Cicconi (il figlio del proprietario del Bar “Aquila d’Oro”), che aveva eseguito il concerto in la minore di Grieg, accompagnato dall’orchestra. Era un pianista di grande temperamento, avviato ad una brillante carriera. La terza parte del riuscito concerto aveva visto riuniti l’Associazione Filarmonica e il Coro “Verdi”, che, diretto dal maestro Di Jorio, aveva interpretato le più belle pagine del repertorio lirico italiano.
Un grande “Giugno Teramano”, dunque? Si e no, perché in fondo, a parte quel concerto, il tabellone del “Giugno” ricco non fu mai, ebbe il suo punto di forza per diverse edizioni nel Circuito automobilistico del Castello e su poco altro, fino a ridursi nelle ultime edizioni a cosa davvero di poco conto, sommerso di critiche, tanto che un anno si scrisse che la manifestazione più importante era stata “una corsa di carriole”. Ma siccome il colore della nostalgia ci fa sembrare belle anche le cose che belle non sono state, c’è chi rievoca i fasti del “Giugno”, al quale non molto tempo presso l’Archivio di Stato di Teramo venne dedicata una mostra, con esposizione di manifesti, locandine e altro materiale iconografico. Dall’altare alla polvere, perché alla fine, quando venne soppresso, il “Giugno” era poco più che il nulla assoluto. Oggi a Teramo per i pubblici spettacoli puntiamo non più sul mese di giugno, ma su altri mesi, come il dicembre, anzi, il Natale e il Capodanno. Spendiamo molti soldi per concerti a cui puntiamo a dare ampia risonanza, chiamando in città noti personaggi dello spettacolo e della musica, senza più alcun richiamo alla cultura “nostra”, verso la quale c’è un generale disinteresse. La regola è sempre quella, aurea: “Panem et circenses”. E’ ciò che nella antica Roma voleva la plebe. Anche oggi è ciò che vuole la plebe?
Elso Simone Serpentini