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acqua in bottiglia o2 768x253Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa della lista civica Teramo 3.0, in maggioranza al Comune di Teramo e aderente all'Alleanza Civica per Teramo, relativo a irregolarità nella gestione  della società acquedottistica teramana Ruzzo S.p.A., contenente dati già consegnati al Sindaco e alla Giunta del Comune di Teramo.

 

Dopo aver analizzato i bilanci e i documenti della società acquedottistica teramana Ruzzo S.p.A., la Lista Civica “Teramo 3.0” ritiene doveroso e urgente avanzare pubblicamente la richiesta di dimissioni dell’intero Consiglio di Amministrazione del Ruzzo per le seguenti gravissime motivazioni.

A) Innanzitutto occorre sottolineare che degli ultimi 5 bilanci, tutti approvati durante la presidenza di Antonio Forlini, ben tre hanno fatto registrare perdite di esercizio e solamente due hanno registrato utili: i due bilanci in positivo hanno però evidenziato piccolissimi utili mentre i tre bilanci in negativo hanno sommato 7 milioni di euro di perdite.
Se si considera che i quattro bilanci precedenti alla presidenza Forlini erano tutti in attivo, che il servizio negli ultimi anni è peggiorato nella qualità di gestione, che gli investimenti sono drasticamente crollati, che le spese sono incomprensibilmente lievitate, che i debiti non sono stati onorati nonostante gli incrementi tariffari, si comprende come la dissennata gestione societaria abbia messo il Ruzzo su una china che sarà difficile risalire qualora non si estromettesse immediatamente l’attuale governance aziendale.

Per essere dettagliati occorre snocciolare i dati numerici che si evincono dagli ultimi nove bilanci pubblicati:
Nel 2017 ci sono stati circa 39,3 milioni di euro di ricavi dalle vendite, a fronte di una perdita di 2,5 milioni di euro;
Nel 2016 ci sono stati oltre 40 milioni di euro di ricavi dalle vendite, a fronte di un utile di 13.000 di euro;
Nel 2015 ci sono stati circa 38,5 milioni di euro di ricavi dalle vendite, a fronte di una perdita di 750.777 euro;
Nel 2014 ci sono stati circa 35,2 milioni di euro di ricavi dalle vendite, a fronte di una perdita di 3,7 milioni di euro;
Nel 2013 ci sono stati circa 36,3 milioni di euro di ricavi dalle vendite, a fronte di un utile di 442.912 euro (primo bilancio della presidenza Forlini);
Nel 2012 ci sono stati circa 38 milioni di euro di ricavi dalle vendite, a fronte di un utile di 129.232 euro;
Nel 2011 ci sono stati circa 33,6 milioni di euro di ricavi dalle vendite, a fronte di un utile di 145.344 euro;
Nel 2010 ci sono stati circa 31,1 milioni di euro di ricavi dalle vendite, a fronte di un utile di 157.478 euro;
Nel 2009 ci sono stati circa 32,6 milioni di euro di ricavi dalle vendite, a fronte di un utile di 11.937 euro.
Si può notare un incremento notevole nei ricavi degli ultimi anni, incrementi cui non corrispondono né maggiori investimenti, né migliore efficienza nel servizio, né una riduzione nella massa debitoria, ma al contrario vi è una crescita preoccupante delle perdite di esercizio.
E purtroppo i dati negativi non sono solo questi.
Ci risulta infatti che la nuova pianta organica aziendale sia stata approvata pochi giorni or sono dal CdA, ma sembrerebbe che tale dotazione di personale sia totalmente difforme – sia per entità numerica che per qualità – rispetto al modello organizzativo delineato nel Piano d’Ambito.

B) Con specifico riferimento al costo del personale aziendale, sembrerebbe che la tariffa vigente remuneri una spesa enormemente inferiore rispetto a quella reale, laddove il Piano d’Ambito prevede circa 9,5 milioni di euro annui a fronte di una spesa che per l’anno solare 2017 si sarebbe attestata sui 13 milioni di euro, con un ingiustificabile sforamento di 3,5 milioni.

In particolare, enumeriamo i dati in nostro possesso che mostrano la curva di crescita delle assunzioni, con relativa esplosione del personale precario:
Anno 2011: dipendenti totali 256, di cui 24 interinali;
Anno 2013: dipendenti totali 250, di cui 20 interinali;
Anno 2017: dipendenti totali 267, di cui 62 interinali;
Anno 2018: dipendenti totali 284, di cui 80 interinali.

C) Per quanto attiene l’utilizzo del lavoro interinale, ci risulta una significativa difformità dalla vigente normativa, la quale prevedeva fino a pochi giorni or sono un limite del 20% di personale precario rispetto a quello a tempo indeterminato. Dalla recentissima approvazione del cosiddetto Decreto Dignità tale soglia è stata da ultimo innalzata al 30%.
Ciò nonostante, ad oggi risulterebbero in servizio un totale di 284 dipendenti, dei quali 204 a tempo indeterminato e ben 80 interinali. Non è difficile comprendere come i limiti di legge consentirebbero l’utilizzo di massimo 61 unità precarie (corrispondenti al predetto tetto del 30%) a fronte delle 80 attualmente utilizzate, per uno sforamento illegittimo di 19 unità di personale interinale.

D) Non solo. Risulterebbe violato anche il divieto di continuatività dell’utilizzo di personale precario, con numerose figure che sarebbero illegittimamente in servizio da parecchi anni in via permanente e senza soluzione di continuità. Tale sfruttamento illegittimo del personale precario sarebbe ad evidente rischio di rapacità politico-clientelare, oltre che a rischio contenziosi da parte del personale medesimo.

E) Si deve inoltre segnalare che la nuova Pianta organica aziendale sembrerebbe prevedere – sempre in difformità rispetto al modello organizzativo stabilito dall’ATO – un’indiscriminata attribuzione di progressioni di carriera al personale, con distribuzione di livelli superiori a pioggia. Tale distribuzione non troverebbe giustificazione nell’efficientamento dei servizi e produrrebbe una ulteriore esplosione dei costi di personale.

F) C’è pure da considerare l’esternalizzazione di alcuni servizi che va in senso contrario rispetto all’aumento di personale, in quanto se le unità sono in continuo accrescimento è incongruo e illogico, oltre che antieconomico, ridurre i servizi in capo alle professionalità interne.

G) Drammatica appare la situazione del contenzioso con il personale, laddove si registrano parecchi licenziamenti illegittimi (dichiarati tali dal tribunale), con enormi spese legali, risarcitorie e transattive, nonché incentivazioni all’esodo particolarmente onerose. Sembrerebbe che il contenzioso sia in costante aumento e sia influenzato dalla mancanza di imparzialità nella gestione del personale, con premialità ingiustificate da un lato ed altrettante procedure disciplinari-sanzionatorie ingiustificate dall’altro lato. Il contesto generale appare minato da una diffusa sensazione di ingiustizia e parzialità che aumenta anche il malcontento e danneggia lo spirito di appartenenza all’azienda.

H) Ulteriore preoccupazione desta la decisione recente di assumere ben due dirigenti, peraltro con contratto a tempo determinato sebbene di lunghezza anomala pari a 5 anni (quando la legge prevede un massimo di 3 anni per tali contratti a tempo determinato). Perplessità emergono in riferimento anche all’entità dei compensi dei due nuovi dirigenti, cioè a dire stipendi notevolmente maggiori rispetto al minimo di settore: il minimo è di circa 63.000 annui, ma i compensi dei due nuovi dirigenti è stato stabilito in euro 95.000 annui.

I) A ciò si aggiunga che, nonostante le recentissime assunzioni dirigenziali, il dirigente Stirpe è stato da pochi giorni destinatario della attribuzione di due ulteriori deleghe, in precedenza svolte gratuitamente da due figure professionali interne all’azienda. In questo specifico caso entrambe le deleghe, all’ambiente e alla sicurezza, sono state attribuite a Stirpe a titolo oneroso per 500 euro mensili cadauna, pari ad un totale di ulteriori 14.000 euro annui (con incremento stipendiale dai 95.000 ai 109.000 euro complessivi). Appare davvero uno spreco decidere di iniziare a retribuire deleghe che venivano regolarmente svolte a titolo gratuito da altro personale.

Il presente resoconto, certamente sommario, dipinge uno scenario che qualora venisse confermato paleserebbe quantomeno una incapacità gestionale, se non una deliberata volontà di ledere l’azienda acquedottistica, la quale continua a sopportare un fardello di circa cento milioni di debiti dei quali circa quattro milioni corrispondono a crediti del Comune di Teramo, crediti dei quali l’amministrazione del capoluogo ha estrema urgenza per far fronte alle enormi difficoltà ereditate dalle precedenti gestioni amministrative.

Per tali motivi chiediamo pubblicamente al sindaco Gianguido D’Alberto, nella sua qualità di socio detentore dell’11,2% delle azioni della Ruzzo S.p.A.:
1) di procedere ad una oggettiva ed urgente analisi dei bilanci della società acquedottistica, tesa a cristallizzare la reale entità debitoria, la veridicità delle poste contenute nei bilanci e la corrispondenza fattuale dei dati appena enumerati;
2) di attivarsi urgentemente presso l’Ente d’Ambito ATO n. 5 teramano, al fine di chiedere se l’attuale Pianta organica sia stata o meno assentita in maniera definitiva dallo stesso Ente nell’esercizio del potere di controllo analogo, eventualmente adoperandosi per farne cessare al più presto gli effetti;
3) di verificare nel dettaglio tutte le anomalie e le illegittimità come sopra indicate e illustrate, se del caso in contraddittorio con lo stesso Consiglio di Amministrazione e con l’ausilio sia dell’Ente d’Ambito, sia dei dirigenti comunali preposti all’Area finanziaria e all’Avvocatura;
4) di valutare gli aspetti risarcitori relativi all’ipotizzabile danno patrimoniale diretto che la mala gestio del Ruzzo potrebbe arrecare e/o avere arrecato ai Comuni soci, senza trascurare gli obblighi di comunicazione alla Corte dei Conti.

Sin d’ora, nel caso lo scenario fosse congruente con l’analisi effettuata dalla scrivente Lista Civica, chiediamo immediatamente le dimissioni dell’intero Consiglio di Amministrazione, che come è noto scadrebbe nel 2019, il quale dovrebbe essere allontanato istantaneamente dalla gestione societaria onde evitare l’ulteriore aggravarsi di una situazione che denunciamo come insostenibile, sovente illegittima, inefficiente, ingiustificatamente prodiga e inefficace.
Né va dimenticata l’opportunità, qualora se ne ravvisino i presupposti, di dare avvio ad una azione di responsabilità nei confronti degli amministratori in carica, come previsto legislativamente dal nostro ordinamento civile in riferimento alle società di capitali, rendendo edotti sia l’intera assemblea dei soci e sia gli organi di controllo circa i risultati delle analisi espletate ed espletande.

 

Lista Civica “Teramo 3.0”