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C’è anche l’architetto
Roberto Orsatti della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio (Sbaep) dell’Abruzzo tra gli indagati nell’ambito della maxi inchiesta della procura della Repubblica dell’Aquila su una serie di appalti della Regione Abruzzo.
Orsatti, 44 anni, originario di Guardiagrele, è accusato di corruzione aggravata in concorso per un atto contrario ai doveri d’ufficio nel fronte di indagine riferito al contributo pubblico per una iniziativa immobiliare a Giulianova. Nell'inchiesta sono indagati per corruzione aggravata in concorso per un atto contrario ai doveri d’ufficio
Giovanni Mosca, ingegnere, e
Roberta Caralla, imprenditrice, proprietaria tra l’altro di un ristorante nel centro giuliese.
In questo filone è sotto inchiesta anche il capo della segreteria della presidenza ed ex consigliere del Pd
Claudio Ruffini, per le ipotesi di reato in concorso con altri di corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d’ufficio e istigazione alla corruzione.
Secondo l’accusa, i due professionisti si sarebbero rivolti ai rappresentanti degli enti pubblici per velocizzare procedure propedeutiche all’erogazione del contributo pubblico.
Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, istigazione alla corruzione e abuso d’ufficio, in concorso con altri: sono queste le ipotesi di reato contestate al presidente della Regione,
Luciano D’Alfonso, nel filone di indagine legato alla cessione di un immobile di proprietà del Comune di Penne nell’ambito della mega inchiesta della procura della Repubblica dell’Aquila su una serie di appalti della Regione Abruzzo.
Il governatore, che ha ammesso con una nota nei giorni scorsi di essere coinvolto in questo fronte, è coinvolto insieme all’ex sindaco pennese,
Rocco D’Alfonso, che attualmente è impiegato proprio nello staffi del presidente a Pescara.
Rocco D’Alfonso è indagato in concorso con altri per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e istigazione alla corruzione.
La vicenda è legata alla cessione di un immobile di proprietà comunale, messo in vendita nel 2015 perché il Comune di Penne aveva bisogno di fare cassa, essendo a rischio lo sforamento del patto di stabilità interno.
Per portare a termine l’operazione occorreva, però, superare il vincolo dei Beni culturali. L’allora primo cittadino ha chiesto alla Soprintendenza che il vincolo decadesse e ha atteso il parere della relativa commissione per completare la vendita.
La commissione, tuttavia, tardava a riunirsi e Rocco D’Alfonso, vista l’urgenza di chiudere il bilancio, ha chiesto l’intervento del presidente della Regione. Luciano D’Alfonso ha telefonato a un funzionario dei Beni culturali per sollecitare il parere.
Questa telefonata sarebbe stata letta dagli inquirenti come una “pressione indebita” sul funzionario per favorire la decadenza del vincolo e la vendita dell’immobile.
Il quale è stato comunque svincolato, secondo quanto si è appreso dopo qualche mese.
La mega inchiesta è coordinata dal procuratore
Michele Renzo e dal sostituto
Antonietta Picardi. Le indagini sono portate avanti dai carabinieri del Noe dell’Aquila e dalla squadra Mobile della questura di Pescara.
Sono arrivati complessivamente a 32 gli indagati noti nei 9 fronti investigativi attualmente aperti.
Tra i coinvolti, dirigenti e funzionari regionali, professionisti esterni e imprenditori, oltre a D’Alfonso e agli assessori regionali
Marinella Sclocco,
Silvio Paolucci e
Dino Pepe.