Sono cominciati questa mattina a Lampedusa i lavori del seminario dal titolo La Carta di Teramo: opportunità e nuove strategie per lo sviluppo di un nuovo ecosistema per le nuove sfide della cooperazione in Africa. Su richiesta del sindaco dell’isola siciliana Totò Martello, il seminario è stato organizzato dall’Università di Teramo con il Comune di Lampedusa, con l’adesione del Comune di Teramo e della Diocesi di Teramo-Atri, in collaborazione con il progetto Snapshots from the Borders.
Parte tutto dalla Carta di Teramo presentata nel 2019 in occasione del secondo Forum del Gran Sasso, durante il quale si svolse la prima Conferenza dei Rettori Africani, evento unico senza precedenti. La Carta fu firmata dal rettore dell’Università di Teramo Dino Mastrocola, dal delegato all’internazionalizzazione della Conferenza dei Rettori Italiani (CRUI) Fabio Rugge e dal presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte. Da allora sono quasi 30 i rettori africani che hanno aderito ai principi della Carta.
Si allegano il messaggio augurale del Ministro dell’Università e della ricerca Maria Cristina Messa e l’intervento del rettore dell’Università di Teramo Dino Mastrocola.
“La Carta di Teramo”:
storia e valori per promuovere la cooperazione accademica Euro-Africana
L’Italia dopo essere stata per moltissimo tempo un paese di emigranti, sta conoscendo da alcuni decenni il fenomeno inverso e per la sua posizione geografica, insieme alla Spagna e alla Grecia, rappresenta uno dei principali punti di ingresso in Europa per migliaia di persone che pensano al nostro continente come scommessa, rifugio e possibilità di sopravvivenza. Il suolo italiano, il miraggio per migliaia di migranti economici e rifugiati politici ha un nome: Lampedusa: la porta d’Europa. Il mare nostrum, crocevia di culture forgiate attraverso millenni di incontri e differenze, viene attraversato su imbarcazioni di fortuna e gommoni, questi flussi rappresentano un giro d’affari di centinaia di milioni di euro e non sappiamo più, quanti morti tutto ciò ha causato. Perché rischiare di morire per arrivare a toccare l’Europa? Molte possono essere le motivazioni, ma guerra e povertà la fanno da padrone e i restrittivi visti d’ingresso impediscono una migrazione sicura. Non possiamo non ricordare i bambini e le loro condizioni di vita, quando per esempio affetti da kwashiorkor o marasma stentano a diventare grandi e se lo diventano scampando alla fame o alla guerra, spesso vengono dotati di armi, costretti ad uccidere, torturare; essere sempre vittime, nonostante il loro ruolo. Nell’età in cui i nostri bambini giocano e s’incontrano per costoro, che non sono figli di un Dio minore, ci sono ben altre prospettive . Forse basterebbe questa semplice considerazione a giustificare i viaggi della speranza. Inoltre l’accoglienza….”.Siamo qui per lavorare” ci ripetono questi uomini e queste donne che vengono da altre terre e sappiamo che ciò, nella maggioranza dei casi, è vero perché vediamo, per esempio, coloro che raccolgono i pomodori sotto il sole e, a volte, non sopravvivono, o le arance nel freddo dell’autunno. Sulle migrazioni devono perciò cessare le retoriche, gli opportunismi, perché i morti nel deserto, quelli nel mare e quelli causati dallo sfruttamento hanno bisogno di giustizia, di rispetto e di comprensione per il loro pianto. Solo così potremmo dirci fratelli tutti. Ci sono anche altri aspetti che spesso vengono sottovalutati, sopraffatti come siamo dalle notizie più sconvolgenti che giornalmente ci vengono riportate dalla cronaca. Il bisogno di collaborare, di relazionarsi, di confrontarsi tra gli uomini è tale che a prescindere dal luogo in cui si vive, dall’età, dal genere, dalla fede religiosa e dalle convinzioni politiche spesso si riesce attraverso lo studio, la conoscenza a mettere in contatto il cuore con la mente e la mente con il comportamento giusto da tenere. E in quest’ottica che si lavora nelle università, nei centri di ricerca, nelle comunità religiose e civili e così il senso di responsabilità, la sensibilità morale, il dovere civico e il sentimento della comunità cedono il posto all’indifferenza e all’apatia e, come Ulisse, ci si può spingere coraggiosamente al largo per incontrare altri popoli ed imparare dallo scambio perché, come dice Dante nel canto 26 dell’inferno proprio a proposito di Ulisse “ fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza,” ricordandoci sempre che tutti gli essere umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti come sancito nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948) e pertanto ognuno anela a trovare il “senso del suo vivere”. Possiamo dire che la Carta di Teramo anche per questo è nata e a questo vuole servire. Ricordiamo brevemente i passi che hanno caratterizzato la sua pur breve vita da giugno 2019. In quell’anno, nell’ambito del II Forum Internazionale del Gran Sasso “LA PREVENZIONE, VIA PER UN NUOVO SVILUPPO” è stato affrontato il tema della prevenzione per una nuova cooperazione ed è stata sottoscritta la Carta da parte dell’allora Coordinatore della Commissione per l’Internazionalizzazione della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), Fabio Rugge, del Rettore dell’Università di Teramo e di tutti i Rettori africani convenuti. La Carta di Teramo è un protocollo che getta le basi per una nuova collaborazione tra le Università e tra i territori. Non solo l’Africa ha bisogno dell’Europa, ma anche l’Europa e l’Italia hanno bisogno dell’Africa. Dal punto di vista didattico la Carta di Teramo prevede un percorso articolato in bilateral agreement e accordi più ampi che dovranno portare a una collaborazione più stretta a livello didattico anche attraverso lo strumento del doppio titolo e al coinvolgimento dei dottorati di ricerca. L’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, nel suo intervento in occasione del II Forum rimarcò il ruolo della Carta di Teramo, della conferenza euro africana dei Rettori e del Forum del Gran Sasso nella promozione della cooperazione per lo sviluppo. Anche nell’ambito del III Forum Internazionale del Gran Sasso”, che si è tenuto all’inizio di ottobre 2020 sul tema “Investire per costruire” ha rivestito una particolare importanza la conferenza dei rettori euro africani che hanno portato il loro prezioso contributo sebbene collegati in remoto causa pandemia. Nel dicembre 2020 con una lettera indirizzata al sottoscritto, il sindaco di Lampedusa Salvatore Martello, che ringrazio di cuore, ha proposto di ospitare nell’isola una riunione della Conferenza dei Rettori Africani per condividere scenari comuni di progettualità culturale, sociale e umana, basati su una visione nuova e sana di sviluppo reciproco. La richiesta di Totò Martello ha colto pienamente lo spirito e i principi della Carta di Teramo rafforzandola come punto di riferimento in Italia per una nuova collaborazione tra università e territori. Pertanto, dopo qualche rinvio dovuto alla pandemia, oggi siamo qui a Lampedusa “La porta d’Europa” per dare ancora più forza alla Carta di Teramo e coinvolgere nel suo percorso altre università e proporre un documento di appoggio alla Carta che dia voce a Enti, Comuni, Associazioni, Territori ispirati dai sui stessi principi.
Grazie!
Dino Mastrocola
Rettore Università degli Studi di Teramo