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di ANTONIO D'AMORE A differenza di quello che accade, di solito, nelle svolte della storia, sia pure della storia minima, per le quali non si riesce mai a definire il preciso momento iniziale o finale, la fine del modello Teramo, ovvero di quell’idea di città che ha generato le politiche e i politici degli ultimi dieci anni di vita teramana, ha un suo preciso momento finale. E’ stato all’1,35 della prima notte del 2015 quando, sul palco di piazza Martiri della Libertà, Vittorio il fenomeno ha gridato al microfono «Su, su, su…assessore Lucandoni…su…attacca allora Bastià…» (vedi il video girato da Luca Boschi http://youtu.be/t0E4uXmXcLE). In quel momento, mentre il cantore del folk abruzzese regalava al salotto buono della città l’inizio di un concerto che avrebbe preteso le atmosfere di una sagra non quelle del San Silvestro, davanti al palco c’erano non più di una trentina di persone, tra le quali l’assessore Francesca Lucantoni “anima organizzatrice” della serata e il delegato alla movida Marco Tancredi. Quei trenta, infreddoliti e spaesati, erano i sopravvissuti non tanto dei duecento, forse duecentocinquanta che si erano radunati ai piedi del palco nel momento in cui l’orologio del campanile del Duomo batteva l’ultima mezzanotte del 2014, ma soprattutto della cinquantina di malcapitati radunatisi ad ascoltare il concerto della Rei costatoci tra i 16mila e i 38mila euro (la cifra è ancora oggetto misterioso…in attesa di un atto di reale trasparenza). La foto di quell’attimo è l’istantanea non solo del prevedibile e annunciato insuccesso di una manifestazione affidata all'organizzazione balbettante di un assessore di primo pelo, ma anche il fermo immagine storico di una città che non si riconosce più. Nella quale io stesso non mi riconosco più. Nella quale io non voglio riconoscermi più. Per questo dico basta. BASTA con gli assessori nominati per divina, gattiana o tancrediana investitura e non per meriti personali, perché a Teramo vivono persone capaci di dire e di dare. E di provarlo con il loro curriculum e con le storie personali BASTA con la gestione della cultura affidata a chi non ha mai scritto un libro o organizzato una mostra, diretto un’orchestra o una compagnia teatrale... e… non ha neanche la sensibilità minima di intuire che, se Marina Rei a giugno non ha riempito la notte calda di “aspettando il primo maggio”, ogni altro artista avrebbe dovuto meritare il palco di Capodanno, tranne lei; BASTA con la gestione degli eventi affidata a chi davvero considera una sbicchierata di gruppo in mezzo alla strada, con le bottiglie pagate a prezzo da night, un evento che merita il “patrocinio” del Comune e l’imprimatur dell’ufficialità… perché gli eventi, nella città che ripensò la notte bianca, devono e possono essere altro e altri; BASTA con l’alibi della mancanza dei fondi, del Governo cattivo che taglia i finanziamenti, della spending “che ci blocca”, amministrare significa scegliere e risolvere e, siccome nessuno ve lo ha imposto, se volete farvi chiamare sindaco o assessore allora scegliete e risolvete, è per questo che siete stati eletti, perché a lamentarci siamo bravissimi anche da soli.; BASTA col continuare a pensare che il solo farsi intervistare da una certa televisione e dire che “il piano neve sta funzionando” serva a ripulire le strade ed impedire che il ghiaccio prenda in ostaggio i teramani. Se non hai comprato il sale e se sai benissimo che le ruspette le stai facendo lavorare tutte in piazza, per il “gran concerto”. Ieri sera è stata addirittura chiusa una strada di città, via Averardi (la vecchia strada delle Fratte)…e non ricordo che fosse mai accaduto prima, se non in qualche frazione di Valle Castellana, ma con nevicate abbondanti; BASTA col canto di laude degli “asili che ci invidiano tutti”, perché se i bambini in quegli asili ce li porti con gli scuolabus che viaggiano per grazia ricevuta, allora c’è poco da invidiare; BASTA con la falsa vicinanza politica all’Università, se poi quasi tutti i politici e i loro cortigiani mandano i figli a studiare a Roma o Bologna, a Milano o chissà dove, ma non a Teramo; BASTA col protagonismo autoreferenziale di una classe politica che cerca di giustificare la propria esistenza vantando milioni miracolosamente recuperati, dopo aver perduto tutti gli appuntamenti importanti con la difesa dell’identità del capoluogo, assistendo inerme alla spoliazione lenta e progressiva che ci ha privato della Banca d’Italia, della Caserma alpina, della Tercas, dell’Enel, della Telecom e che ci priverà della Prefettura, della Questura, della Camera di Commercio, relegandoci al ruolo subalterno di periferia senza identità; BASTA con la politica delle inaugurazioni, quella che taglia i nastri della Teramo-Mare che non arriva al mare e della Teramo-Vibrata che cammina coi tempi della fabbrica di San Pietro, fingendo di ignorare che quelle spoliazioni teramane e il nostro essere sorella minore e isoata delle altre tre province derivano, soprattutto, dalla totale mancanza di una vera viabilità. BASTA con le politiche commerciali ridotte alla miserrima polemica sulle luminarie o sui parcheggi, quando si è barattato in blocco tutto il senso “provinciale” (e in questo caso positivo) di un tessuto commerciale urbano con un nuovo stadio, facendo aprire un centro commerciale che non ha intercettato i flussi di acquisto, ma quelli di passeggio, con il risultato ultimo di avere adesso centinaia di vetrine vuote in città e un centro commerciale che stenta. BASTA con la gestione dei rifiuti affidata al pressappochismo di chi si è scoperto “esperto” senza avere alcuna competenza in materia ma, dall’alto della sola appartenenza politica, cerca di venderci la favoletta bella della corretta gestione e va in tv a gonfiarsi il petto, annunciando il proprio personale impegno nella creazione di un impianto come quello di “Vedelago” ovvero “rifiuti zero a costo zero” senza sapere che su Vedelago è appena piovuta una sentenza di fallimento per un buco da 30milioni di euro (http://certastampa.it/2015/01/01/14459/) BASTA coi dinosauri della politica, con chi occupa poltrone da più di quarant’anni, ma anche con gli ultimi arrivati incapaci e spocchiosi e con chi crede di essersi fatto un nome solo perché ha un cognome. Sul palco di piazza Martiri si è celebrata la messa requiem della politica teramana degli ultimi dieci anni, di quel “modello Teramo” sotto le insegne del quale, negli anni di Chiodi, questa città sembrò ritrovare e un po’ ritrovarsi, fino ad imporsi politicamente e di prepotenza sulla scena regionale. E, per un attimo, si respirò una teramanità diversa. Ma era ieri. La conaca di oggi è la cronaca di una città rassegnata, di una teramanità triste, di un’idea perdente del vivere che vanifica tutto e mortifica tutti. La Teramo di oggi è una città che non ci meritiamo. La Teramo di oggi è una città che deve tentare un estremo, difficilissimo, colpo di reni e risollevarsi, ritrovando la strada delle scelte e non quella degli aperitivi. Cominciamo da subito Costringendo ad un’assunzione di responsabilità, e all’ammissione dell’evidenza del falimento, chi ha speso 38mila euro per il peggior Capodanno mai vissuto in piazza. E non si dica che sono soldi degli sponsor, sia perché tra quegli sponsor ci sono anche enti o consorzi pubblici, sia perché se chiedi i soldi agli sponsor e li spendi così male, ti sei giocato il pubblico e gli sponsor. Teramo deve ritrovare i teramani e lo potrà fare solo puntando sulle capacità di chi sa fare, non sull’incapacità di chi improvvisa. Sabato è in programma la conferenza-bilancio del Sindaco, ne faccia l’inizio di una nuova fase, il primo giorno di una nuova storia, sostituendo…anzi: cancellando senza sostituzione un paio di posti in giunta. E’ il primo gennaio. Non mi auguro un anno migliore. Lo pretendo. Attacca Bastià