Il Parlamento UE ha riconosciuto il diritto alla riparazione, a tutela dei consumatori e dell’ambiente.
Dal 30 luglio 2024 è in vigore la direttiva “Right to Repair” dell'UE (n.2024/1799) che introduce il diritto dei consumatori alla riparazione dei prodotti.
Sembra un’assurdità, eppure a quanto pare era necessario l’intervento del Parlamento europeo per veder riconosciuto un sacrosanto diritto dei consumatori: ossia il diritto alla riparazione.
Il 22 aprile 2024, infatti, in seduta plenaria il Parlamento dell’Unione (con un testo negoziato con i colleghi del Consiglio), aveva approvato un testo negoziato nel quale il riconoscimento del diritto alla riparazione si era “magicamente” concretizzato, ossia la possibilità di riparare i prodotti invece di sostituirli.
Testo, ora divenuto legge, considerato che la direttiva Ue 2024/1799 - denominata Right to Repair (R2R) - è entrata in vigore lo scorso 30 luglio.
A quanto pare, i legislatori europei sentono la necessità di intervenire, considerata la crescente problematica relativa al cambiamento climatico e agli effetti dello stesso (perlopiù negativi, per non dire catastrofici) che sono in atto in tutto il Pianeta e che, allo stato attuale, si presenta come una questione di importanza vitale e non più procastinabile.
Ancor di più nei riguardi di prodotti che sembrano avere una “vita” sempre più breve, con conseguenti sprechi di risorse preziose e materie prime.
La nuova direttiva punta su due "grandi" pilastri: spingere la riparazione durante i famosi due anni di garanzia legale con opzioni "più facili ed economiche" (per chi? Non è ancora ben chiaro) e proteggere i consumatori anche dopo la scadenza della garanzia.
A quanto pare, l'incentivo alla riparazione dovrebbe essere riconosciuto non solo durante, ma anche dopo la fine del periodo di garanzia legale.
I venditori saranno, dunque, obbligati a riparare gratis entro i due anni, a meno che la riparazione non costi più della sostituzione. In quel caso, beh, è il caso di dire buona fortuna!
È prevista, tra l’altro, un'estensione di un anno del periodo di garanzia legale per i prodotti riparati, accesso per riparatori e utenti finali a tutti i pezzi di ricambio, informazioni e strumenti "a un costo ragionevole" (e la domanda sorge spontanea anche qui: cosa si intende per ragionevole?).
Nel frattempo, i consumatori saranno "incentivati" a non chiedere la sostituzione, attraverso la predisposizione di buoni, fondi nazionali ed un'estensione della garanzia legale di un anno.
A tal proposito, è necessario precisare che la direttiva dovrà essere recepita nella legislazione nazionale degli Stati membri entro 2 anni, per cui ad oggi non è ancora divenuta legge in Italia.
C’è da chiedersi se ci si trovi effettivamente di fronte ad un cambiamento significativo relativamente al settore della riparazione degli elettrodomestici e dei dispositivi elettronici.
Il testo precisa che i produttori saranno obbligati a semplificare il processo di smontaggio, a migliorare l'accesso ai pezzi di ricambio ed a fornire maggiori informazioni sulle riparazioni.
Ma cosa accadrà dopo la scadenza della garanzia legale, quando produttori e venditori non avranno più obblighi verso i consumatori?
Inoltre: tutto questo sarà sufficiente per cambiare le abitudini di consumo degli acquirenti e ridurre gli sprechi?
C’è da chiedersi come si concilino gli ambiziosi obiettivi del Green Deal con le proiezioni sulla riduzione dei rifiuti e delle emissioni.
Meno prodotti scartati dovrebbero tradursi in una significativa riduzione dei rifiuti, in un minore impiego di materiali per la produzione di nuovi beni e in una limitazione delle emissioni di gas serra legate ai processi produttivi e commerciali.
E’, infatti, il caso di ricordare che lo smaltimento prematuro dei beni di consumo produce qualcosa come 261 milioni di tonnellate di emissioni equivalenti di CO2, consuma 30 milioni di tonnellate di risorse e genera 35 milioni di tonnellate di rifiuti nell'UE ogni anno.
I consumatori, dal canto loro, perdono circa 12 miliardi di euro all'anno sostituendo i beni anziché ripararli.
Certamente, la direttiva R2R è un passo avanti verso una transizione verde dell’Unione Europea che, tuttavia, è ancora molto lontana dal diventare uno strumento di reale cambiamento, considerato anche lo scarso intervento in tema di adozione di misure concrete ed incisive per incentivare i consumatori a utilizzare i prodotti più a lungo.
Per non parlare degli interventi non sufficientemente incisivi nei riguardi della obsolescenza programmata , ossia la strategia commerciale adottata dalle aziende per “accorciare” il funzionamento dei propri prodotti, che spinge il consumatore, suo malgrado, ad effettuare acquisti di nuovi modelli. Una pratica commerciale scorretta e ormai nota anche agli acquirenti più impulsivi e superficiali, che incide in maniera catastrofica sulla produzione di rifiuti.