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folena

di ANTONIO D'AMORE

 

Io c'ero. A Roseto, in quel convegno che lotta studentesca (leggi qui) definisce "l'ennesima prova di sradicamento spirituale e morale ai danni degli studenti attraverso il cavallo di Troia del premio nazionale "Paolo Borsellino", io c'ero. L'ho moderato, quell'incontro. Ma, soprattutto, ho ascoltato. Ho ascoltato le parole di Aniello Manganiello, le ho assorbite, perché non sono assolutamente "una chiara e propaganda cattocomunista, arrivando a identificare Gesù Cristo come un comunista, la Chiesa laica e perfino l'esistenza di una nuova corrente per i membri all'interno di essa chiamata cattolico-eretica", ma la lucidissima analisi di chi, la Chiesa la vive da dentro, e della fede ha fatto una scelta di vita, spingendosi fino a diventare "un morto che cammina" per quella condanna a morte della Camorra che gli pende sulla testa. E alla quale ha risposto rinunciando alla scorta. E c'è molto più Dio in quel colletto slacciato, di quanto ce ne sia nell'attico di un cardinale. Sì, è vero, don Aniello ha detto che Gesù è stato un grande rivoluzionario e un "comunista", intendendo per comunista non l'immagine stereotipata di un'ideologia cancellata dalla storia, ma quella di chi crede nell'uguaglianza tra gli uomini e nella difesa degli ultimi. E non è vero che "Tutto ciò è stato esposto agli studenti come pensiero unico, senza un contraddittorio" come dice, peraltro senza identificarsi, il responsabile di Lotta Studentesca, perché quella di Roseto non era una lezione di indottrinamento, ma una testimonianza di vita. Don Aniello e Pietro Folena hanno parlato, rispondendo alle mie sollecitazioni, delle loro esperienze di vita, testimoniando esattamente il contrario di quello che Lotta Studentesca sostiene, cioè l'assenza di contraddittorio, perché il contraddittorio è esperienza di vita, per chi - come Folena - ha deciso di abbandonare la politica, deluso dalla fine di una stagione, e don Aniello si è ritrovato solo a combattere contro la Camorra. Quelli che hanno affidato ai ragazzi del Moretti, non erano "argomenti che a noi non soltanto sembrano assai distanti dal tema iniziale del concorso, ma anche assai inopportune e gravi per essere addirittura presentate all'interno delle scuole" come dice Lotta Studentesca, ma al contrario l'insegnamento che, contro tutto e contro tutti, si deve sempre combattere per la legalità e che la cultura può essere un modo per affermare il valore dell'uomo. E questi sì, sono valori che andrebbero diffusi sempre nelle scuole. E per questo, a parere mio, il Borsellino è una straordinaria esperienza culturale. E rinnovo i complimenti alla Preside. Semmai, di ideologico c'è quello che quello striscione affisso stanotte significa per chi lo ha esposto e cioè contestare  "queste campagne ideologiche fatte solo per allontanare il popolo da antichi e incontrovertibili valori ,dati di fatto, come il ritorno alla fede in Dio così come ci è stata trasmessa e senza le gravi distorsioni antitradizionali come quelle recitate nel convegno, alla difesa e al progresso della Patria, nostra terra per la quale i nostri avi hanno lottato e infine crediamo nella creazione e difesa della Famiglia unica via ancor pura per far proseguire il cammino dell'uomo su questa terra", perché  Dio, la Patria e la Famiglia esistono solo se ne partecipa all'esistenza, se si condividono e si "sentono", non se si subiscono. E farne parte significa poterli anche mettere in discussione. Altrimenti diventano un'imposizione. E le imposizioni, tutte, prima o poi vengono cancellate dalla storia.