Continuano sott’acqua i “giochi di guerra” nel nostro mare. Dopo la nave russa avvistata proprio davanti alle coste abruzzesi (leggi qui) , adesso la Marina sovietica e quella della Nato stanno “giocando” una partita di diverse strategie. I russi, infatti, nelle ultime ore hanno riposizionato le loro navi, tanto la Varyag (che aveva “chiuso” il canale di Otranto, quanto l'Ammiraglio Tributs che si era spinta fino al mare abruzzese. Adesso, le due unità da guerra incrociano tra Ionio e Adriatico, ufficialmente per una serie di esercitazioni programmate da tempo, ma secondo fonti vicine alla Marina Usa, riferite dalla stampa americana, la situazione sarebbe in realtà un’altra. Le navi russe si sarebbero allontanate per lasciare il mare ad almeno due sottomarini nucleari, che avrebbero preso il loro posto, controllando il primo il canale di Otranto, il secondo invece ancora una volta il tratto di mare “abruzzese”. Lo scopo evidente di questa strategia, è quello di comunicare alla flotta americana e alla NATO, che i russi non accetteranno ingerenze nella “loro” guerra e che, qualora la portaerei Truman volesse raggiungere proprio il mare abruzzese, per avere più facilità di decollo verso l’Ucraina, ci sarebbero i sommergibili pronti ad entrare in azione. La tensione tra Nato e Stati Uniti da una parte, e Russia dall'altra, per l'invasione dell'Ucraina è in crescita costante e l'episodio registrato una settimana fa nelle acque del mar Adriatico rappresenta solo un campanello d'allarme. A testimonianza della presenza dei sottomarini, da ieri gli aerei da ricognizione della NATO, specializzati anche nel tracciamento elettronico dei sommergibili, sono tornati a sorvegliare il mare tra la Calabria e la Grecia, ma anche quello davanti alle nostre spiagge. “Siamo sull’orlo di una guerra con Russia e Cina su questioni che abbiamo in parte creato, senza alcuna idea di come andrà a finire o a cosa dovrebbe portare”. A dichiararlo, in un’intervista al Wall Street Journal, è stato proprio ieri l’ex segretario di stato americano, Henry Kissinger, per il quale gli Stati Uniti “non dovrebbero accelerare le tensioni ma creare opzioni”. “Come coniugare la nostra capacità militare con i nostri obiettivi strategici e come metterli in relazione con i nostri scopi morali: è un problema irrisolto”, ha affermato Kissinger per il quale la moderna diplomazia statunitense è “molto sensibile all’emozione del momento”.