12 anni ma manchi ancora un bel pò. Il mio ricordo di Pino Benguardato
Viene Pasqua, come una luce nel buio di questo tempo, reso difficile dai nani che si credono giganti, che sconfinano aiutati dagli inutili e prendono possesso della città . E come ogni anno in questi ultimi 12 anni con la Pasqua torna il ricordo.
Viene la Pasqua e con lei un annuncio di speranza rivolto a chi ha ancora il coraggio di guardare la croce: “Non abbiate paura” . E mi accorgo che, barba bianca, capelli pochi, lo ricordo ancora bene quell’uomo che mi insegnò a non avere paura.
L’ho conosciuto quando io ero giovane studente, ma giovane giovane del liceo “Delfico” e lui professore di inglese ma non ricordo dove. Lo chiamavano “avvocato” ma ho sempre pensato che fosse un soprannome. Solo molto dopo ho saputo il perché. Ci si vedeva tutti i pomeriggi in un appartamentino vicino piazza Dante. Sopra quella che oggi è la libreria Ipotesi. Ci viveva un giovane di fuori città, Andrea Teobaldi. Il più presente lo studente aquilano Pino Colletti oggi avvocato. Credo che il proprietario fosse invece Maurizio Di Mattia. Ma parliamo di 40 anni fa, i ricordi traballano e sfumano . Ingresso riservato. Pochi frequentatori. Si parlava di rivoluzione. Qualche libro. Un ciclostile (che molti non sanno più neppure cos’è). Discorsi alti per un ragazzino. Qualche serata in pizzeria. Il più carismatico era Pinuccio Benguardato. Riflessivo, determinato, posato, educato. Ma se occorreva passare dalle parole ai fatti era sempre pronto e me lo trovavo sempre davanti e mai indietro. E c’è da dire che da ragazzino a me, appicciarmi e jettarmi per menare le mani mi è sempre piaciuto e non lo nego. Anzi, vorrei avere oggi il coraggio di allora per scaldare qualche orecchia che, come diceva Tonino Moschioni, “ng la recchia call la gent’ ci sent’ mije”. Altri tempi.
Pensare a lui in questi giorni a me è servito per ricordare quegli anni passati. Si dice che sono sempre i migliori quelli che se ne vanno troppo presto. Non è vero. Ma in questo caso lo è. Ricordo quell’ultima sera insieme, neille panchine dei tigli. Passammo tre ore insieme, seduti a parlare di Teramo, degli amici in comune che ricordava. Anche lui aveva fatto la boxe nella Pugilistica Teramo di Romoletto Voconi . Sardella il poeta, Pecorale il parà, Tonino Moschioni la persona più generosa che abbia mai conosciuto, Giovanni Vetuschi, l’avvocato Marconi e il suo giardino delle tradizioni, Alberto di Battista che era un altro da non far incazzare, Lucio Iezzoni il globetrotters e il compagno Rofi “che però è una brava persona”.
Il rammarico più grande per la scomparsa di Pino Benguardato ? E’ che con lui se n’è andata una figura molto rara nel panorama culturale teramano, non un eccelso intellettuale ma di una rara intelligenza e capace di raffinate e rigorose analisi sui tempi che vivevamo e insieme di vertiginose e nel contempo simpatiche disquisizioni. Che potevano durare anche ore. Pino aveva una lettura dei fatti totalmente coinvolgente e in grado di far vibrare le corde più alta dell’anima, e sapeva farlo utilizzando un linguaggio e un ritornello popolare. Mai moralista. Sempre rigorosamente legato alla storia, ai fatti, alla sostanza dei fatti, e mai a “tutta l’erba un fruscio, un rumore di fondo” ai grandi numeri.
Poi il destino ha tracciato strade diverse. Quando me ne andai, mi disse “Che bella giornata. Adesso posso anche andare a dormire. Ci vediamo domani” mi salutò così . Mi aveva insegnato che nella vita occorre imparare ad amare ciò che si desidera, ma anche ciò che non gli assomiglia. Pino Benguardato è tra coloro che ha insegnato a me ed a tanti come me che niente ci strappa alle nostre radici e alla nostra memoria e resta il pensiero, fisso, tenace e pervasivo della nostra storia. L’ho già scritto ma è giusto ricordare che negli anni ’80 Pino Benguardato è tra coloro che ha salvato me, ed altri come me, dalle “vie brevi”, dalla voglia di accorciare i tempi, dalla rivolta violenta professata da tanti che ha poi rovinato la via a tanti giovani che scelsero la violenza e l’estremismo senza ritorno. Senza mai accettare “il posto in banca la giacca e la cravatta” credendo fortemente nelle grandi idee che continuano a muovere il mondo, credendo nella stella polare, nelle derive da arginare. Pur con le mediazioni che un Padre e una Madre devono fare. E che tanto dolore gli provocarono. Di cui alcune scelte furono la conseguenza.
Ricordo bene le passeggiate nella città buia e deserta per leggere e dare le risposte alle domande di fondo che oggi più nessuno si pone. È vero, e non solo per me, è stato “Maestro” lungo il cammino. E ha segnato un pezzo della mia fortunata strada. Per altri è stato padre amorevole che per sempre resta accanto e guida. Nel dolore, con la potenza viva del ricordo e gli insegnamenti che mantengono in piedi chi può dirsi fiera e orgogliosa di averlo chiamato marito e padre, con lo sguardo fisso alle stelle. Perché “Quello che veramente ami, rimane. Il resto è scorie”.
Grazie Pinuccio, ovunque tu sia ora.
Leo Nodari