Lo chiamavano “zubinnu”. Qualcuno osava chiamarlo “Iddu” ma nessuno usava il suo nome. E’ stato riconosciuto colpevole di stragi e centinaia di omicidi. Era il vero capo della mafia stragista corleonese anche perché latitante da più di 40 anni. Una mattina di Aprile 2006 la squadra catturandi di Palermo guidata da un poliziotto neppure trentenne fece irruzione in un casolare e interruppe la carriera criminale di Bernardo Provenzano. Maglione, jeans e scarponcini: era vestito così Bernardo Provenzano nel momento in cui la Polizia di Stato l'ha arrestato nelle campagne di Corleone. Ad arrestarlo il notissimo “super poliziotto” entrato nella storia della lotta alla mafia per aver arrestato non solo il capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, dopo 40 anni di latitanza, ma anche mafiosi del calibro di Giovanni Brusca, Enzo Brusca , Pietro Aglieri, Salvatore Grigoli, e Gaspare Spatuzza, e per aver guidato molte delle più importanti indagini degli ultimi decenni contro i boss siciliani delle stragi, la ‘ndrangheta calabrese, i clan della camorra e le più potenti organizzazioni criminali romane dedicando gran parte della sua attività al contrasto alla criminalità organizzata. Cominciando proprio dalla Sicilia e da Palermo dove arrivò nel 1992, appena ventottenne, all’indomani delle stragi di Capaci e via D’Amelio.
E’ impossibile dimenticare le immagini della cattura dell’arresto di Bernardo Provenzano, il boss mafioso dalla latitanza record durata 43 anni che ha segnato non solo la sconfitta militare della mafia stragista corleonese ma anche la chiusura di un ciclo in cui lo Stato ha vinto sulla criminalità mafiosa. Dopo l’arresto di Totò Riina si diceva che “Iddu” non l’avrebbero mai preso. E invece l’allora giovane capo della catturandi lo assicurò alle patrie galere .
Dopo l’incontro a L’Aquila del 27 gennaio, del 17 febbraio a Pescara arriva oggi a Teramo alle ore 10,30 nella sala riunioni della Questura il Prefetto Renato Cortese – eletto nuovo Presidente del Premio nazionale Paolo Borsellino dopo il vice capo della Polizia Luigi Savina e il vice capo della Polizia Vittorio Rizzi - presenterà il programma culturale educativo del XXXIII premio Borsellino.
Renato Cortese noto come “il super poliziotto” è un uomo che ha dedicato gran parte della sua attività al contrasto alla criminalità organizzata. Cominciando proprio dalla Sicilia e da Palermo dove arrivò nel 1992, appena ventottenne, all’indomani delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Con i capimafia tutti in libertà, in una città paralizzata dalla paura e dalla convinzione che – trucidati Falcone e Borsellino – nessuno sarebbe stato in grado di liberarla dal giogo di Cosa nostra arrestando con i suoi uomini della catturandi dei boss importanti: da Giovanni Brusca (il «boia di Capaci») a Pietro Aglieri, il padrino che in casa aveva allestito un piccolo altare per celebrare messa; da Gaspare Spatuzza, il “colonello” dei fratelli Graviano che da pentito riscriverà la storia delle stragi, fino – appunto – a Provenzano. Successi che hanno contribuito a sconfiggere il mito dell’incrollabilità della mafia, e che hanno portato Cortese a dirigere la Squadra mobile di Reggio Calabria, in un periodo in cui il contrasto alla ‘ndrangheta ha ripreso vigore dopo la strage di Duisburg (2007) che aveva mostrato al mondo intero il potere raggiunto da quell’organizzazione criminale. Da lì, seguendo una ideale “linea della palma” evocata da Leonardo Sciascia, Cortese è sbarcato a Roma dirigente della Mobile(con indagini che hanno svelato le diramazioni ‘ndranghetiste e mafiose nella capitale) e poi al vertice del Servizio centrale operativo, l’ufficio che coordina le più importanti indagini della polizia in tutta Italia. In seguito è arrivata la nomina a questore di Palermo, che era per lui la chiusura di un cerchio dinoall’attuale ruolo di Direttore centrale della Polizia stradale, ferroviaria e dei reparti speciali della Polizia. .