Sono cresciuto in quella piazza. Da bambino andavo spesso a trovare mia nonna, che abitava lì. Poi ci ho vissuto per anni, prima di trasferirmi a Roma. Ma la mia famiglia è rimasta: i miei genitori vivono ancora lì, così come mia sorella. Anche mia cugina abita nella stessa zona. È un luogo che conosco profondamente, che porto dentro di me, e che ho visto cambiare — spesso in peggio — nel corso dei decenni.
Per questo accolgo con grande favore la proposta dell’Assessore ai Lavori Pubblici Marco Di Marcantonio: abbattere il cosiddetto Palazzo della Sanità e restituire alla città una piazza degna di questo nome. Quel palazzo, a mio avviso, è un ecomostro, un obbrobrio architettonico costruito a danno della comunità. Non ha mai restituito nulla al quartiere, se non degrado e alienazione.
È l’ennesimo simbolo di una stagione urbanistica sciagurata che ha devastato Teramo tra gli anni Cinquanta e Sessanta: l’abbattimento del Teatro Comunale per far posto a un supermercato, la distruzione dell’arco di Monsignore al Duomo, l’eliminazione di palazzi barocchi e liberty, la cancellazione delle mura romane. Una vera e propria guerra edilizia, non meno distruttiva di quella vera, che ha compromesso l’identità storica del nostro centro.
Il Palazzo della Sanità, con la sua massa grigia e anonima, ha occupato per decenni uno spazio urbano prezioso. Un tempo lì sorgeva l’Albergo Giardino, e la piazza era luogo di mercato, di incontro, di vita. Lo testimoniano le foto d’epoca e i ricordi di chi vi ha abitato per generazioni.
Abbatterlo oggi non significa cancellare la storia, ma riparare a un errore. Non commettiamo l’ennesima ingiustizia trasformandolo in un parcheggio. Chi vive lì ha già subito per oltre quarant’anni un parcheggio prima gratuito, poi a pagamento, con tutto il traffico, l’inquinamento e il caos che rendono invivibile la zona. È tempo di restituire qualità della vita a chi vi abita: con uno spazio verde, un luogo di incontro, un punto di socialità per una città che ha sempre più bisogno di umanità e bellezza.
Riconosciamo il passato per quello che è stato, e costruiamo finalmente un futuro degno. Per la piazza. Per chi ci vive. Per Teramo.
ENRICO MELOZZI