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«Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni».
Matteo 26, 61

Fui forse l'unico a non entusiasmarsi della elezione a Papa di Jorge Mario Bergoglio, dopo  decenni di buio venuti finalmente alla luce nel pontificato di Benedetto XVI, Joseph Aloisius Ratzinger, che da solo ha pagato per tutti i peccati della Chiesa cattolica: mi riferisco senza mezzi termini alla scandalosa copertura offerta dal Vaticano ai reati di pedofilia compiuti durante il pontificato di Giovanni Paolo II, Karol Józef Wojtyła, colpe che ricaddero tutte sulle povere spalle di Joseph Ratzinger, in giorni che vedevano scandali emergere ovunque ma soprattutto negli Stati Uniti d'America, dove il Vaticano è stato chiamato a pagare centinaia di milioni di dollari di risarcimento alle vittime di pedofilia per mano dei suoi preti, come per gli abusi scoperti nell'arcidiocesi di Boston a inizio millennio, denunciati al mondo dalle pagine del Boston Globe, Pulitzer 2003. 

Uno scandalo che un cristiano, un cattolico, non può tacere, che non trova perdono neanche nelle parole di Cristo: "In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?» Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare." (Matteo 18, 1-6).

Le associazioni americane che proteggevano le vittime dei rappresentanti della Chiesa cattolica degli Stati Uniti d'America, all'esplodere provato dello scandalo, si prepararono in quegli anni a presentare denuncia contro il Vaticano presso la Corte dell'Aja per crimini contro l'umanità, vale a dire che volevano denunciare il papato per aver coperto consapevolmente i crimini di pedofilia perpretati dai suoi rappresentanti su suolo americano. Questa denuncia non arrivò mai alla Corte internazionale di giustizia, ma arrivò la rinuncia del povero Ratzinger il 28 febbraio 2013. 

Quindi arriva Papa Francesco, un pontefice che interpreta da subito il suo ruolo come fosse un parroco di paese, con estrema semplicità di parole e azioni, queste di notevole valore estetico, vale a dire che ci appaiono per quelle che sono, e l'automobile utilitaria, e le scarpe con la suola di gomma, e la croce di ferro, e il domicilio a Casa Santa Marta eccetera, e, soprattutto, significanti in senso morale. 

Non fui affatto entusiasta e dissi, a proposito dell'elezione di Papa Francesco: ecco arrivato l'oppio per i cattolici. Un finto buonismo a coprire ogni cosa. E il mio scetticismo trovò ulteriore conferma quando Papa Francesco fece visita pastorale in Irlanda, terra anche questa che copre il più infame dei delitti, che durante la messa del 26 agosto 2018 al Phoenix Park di Dublino, in occasione del IX Incontro mondiale delle Famiglie, disse, a nome di tutta la Chiesa cattolica (ma non in mio nome e tantomeno nel segnato solco del Vangelo di Cristo): "Chiediamo perdono per gli abusi in Irlanda, abusi di potere e di coscienza, abusi sessuali da parte di membri qualificati della Chiesa".

Insomma, pesavo (e penso) che Ratzinger fosse stato sacrificato e Bergoglio eletto al solo scopo di coprire con la bella novella, ma facendone una pessima parabola, lo scandalo dei crimini di pedofilia, cioè ignorando il dolore inconsolabile di migliaia di vittime nel mondo per il bene (invero per il male) della Chiesa cattolica. Per questo non ero affatto entusiasta. Fermo restando la sincerità di Bergoglio, per me era l'inizio di un simulacro, perché anche Papa Francesco non ha fatto nulla per allontanare per sempre questa infamia dalla sua (Nostra) Chiesa.

Tacere questo, soprattutto in queste ore, è una offesa alla Verità di Cristo, Nostro Salvatore: nel Vangelo non c'è spazio per gli ipocriti. Il Vangelo non offre nessuna via di scampo. Neanche un granello di speranza offre  la Parola altissima di Cristo su questa terra. Il Vangelo è un chiodo che ferma ognuno di noi di fronte alle proprie responsabilità, di fronte agli uomini, innanzi a Dio.

Però, mi avvicinarono a Papa Francesco i terribili giorni della pandemia da Covid-19 (non credo sia un caso che a portarcelo via sia stata una polmonite bilaterale), colto nel vero del suo pellegrinaggio a piedi per le chiese di Roma, in quei giorni da fine dell'uomo nel mondo: la Terra, pareva, avrebbero continuato ad abitarla solo altre creature ma non gli umani. E la sua messa nel vuoto di Piazza San Pietro nella notte di Pasqua del 2020, 11 aprile 2020, mi avvicinò. Qui ho visto più che in altro il suo essere uomo; uomo che piega le sue ginocchia davanti a ciò che è più grande e misterioso, La Creazione.

Non a caso, mosso da quei suoi passi sul selciato romano, a lui ho dedicato la mia opera teatrale che considero per me la più importante, sul quale ho meditato almeno per quindici anni, Evangelium, che prende spunto da un versetto del Vangelo appunto: "Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono. Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.", ed è solo l'evangelista Marco (14, 50-52) a registrare questo fatto avvenuto durante l'arresto di Gesù nel giardino del Getsemani; opera che ho pubblicato nel giugno del '21, dove, in memoria di quei suoi giorni di pandemia, ho scritto: "a Papa Francesco, solo sul pontificio soglio / a Jorge Mario Bergoglio / solo con tutto quel poco di amore / di cui è capace un uomo di fronte al Signore."

La domanda che pone l'opera è semplice e terribile: noi cristiani di tradizione cattolica crediamo davvero in Dio e a sua figlio Gesù, il Cristo, il Salvatore?

A mio avviso, no. Neanche un Papa ci crede veramente, altrimenti non esisterebbero lo Stato Vaticano e il suo continuato scandalo. Per questo prevedo, dopo quello di Papa Francesco, un rigido mai nuovo pontificato, vale a dire un ritorno alla complicazione, che è sempre segno di stupidità. E da un umile parroco di paese, si tornerà, in pompa magna,  a un dottore della Legge, probabilmente italiano.

Di questo stare qui, resterà di noi tutti il gesto, l'azione, incerti su tutto, più spesso imperfetti. Di Papa Francesco mi resterà caro il passo di quell'uomo, a testa bassa, sul selciato romano, la sua umiltà di figlio di emigranti, il suo sapere che l'uomo è un animale migratore.

MASSIMO RIDOLFI