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matteuccimarco.jpegQuando è stato nominato “Presidente della ‘Automotive’ di Confindustria Teramo”, due anni fa, Marco Matteucci, direttore di stabilimento della Purem di Castellalto, aveva le idee chiare: « Il nostro obiettivo – dichiarò  – è quello di accreditarci a livello regionale e nazionale come un’eccellenza sul piano tecnologico e delle risorse. Tutto questo senza rinunciare ai fattori caratterizzanti la nostra realtà quali l’alta flessibilità e la straordinaria capacità di adattarci ai continui mutamenti…». Aveva ragione, ma così ragione che proprio l’azienda nella quale lavora, oggi ha mostrato di “alta flessibilità” e “…straordinaria capacità di adattarsi ai continui mutamenti…”, licenziando 48 lavoratori.
Chiude.
La Purem, chiude.
Eppure, è proprio allo stesso Matteucci che pochi giorni fa, i Sindacati, preoccupati dal fatto che i codici di produzione venissero mandati in altri stabilimenti e non più in quello teramano, ricevendone una risposta rassicurante: «…potete dormire sonni tranquilli…».
Chissà quanto tranquillamente dormiranno i 48 dipendenti che questa mattina hanno perso il lavoro.
Avremmo voluto saperne di più, abbiamo contattato anche noi di certastampa Marco Matteucci, ma non abbiamo avuto risposte, se non un «…parlerà l’ufficio stampa nazionale..», ma quando non si sa, e poi una sfilza di «…non sono autorizzato a rispondere…».
Sono particolari, le grandi aziende, non autorizzano i dirigenti a parlare, ma si sentono autorizzate a licenziare.
Sempre senza parlare.
Senza spiegare.
Senza motivare.
«E’ inaccettabile - scrive Natascia Innamorati della Cgil - La Multinazionale solo un anno e mezzo fa ha preso l'impegno, con parti sociali e istituzioni, di mantenere i livelli occupazionali e quelli produttivi. Una beffa, una presa in giro. Una azienda che sempre ha raggiunto i cosiddetti "budget", fino all'ultimo mese, e che continua a fare utili importanti».
E allora perché licenzia?
Semplice: per dimostrare che anche qui da noi ci sono «…alta flessibilità e straordinaria capacità di adattarci ai continui mutamenti».
Parole di un presidente che oggi, alla luce dei fatti, dovrebbe quanto meno rassegnare le dimissioni dalla Confindustria.

ELISABETTA DI CARLO