E’ successo. Succede ogni anno, ma speravo che quest’anno, in questo Natale imbastardito dal virus, non succedesse. Che almeno questo, non succedesse. Che almeno quest’anno, nessuno si presentasse con un torrone Nurzia.
E’ successo.
Anche quest’anno.
Io odio il torrone Nurzia. E non faccio distinzione che sia quello delle Sorelle Nurzia o dei Fratelli Nurzia. (a proposito, sulla storia della famiglia consiglio questo esaustivo articolo)
Fratelli o Sorelle, per me pari sono… i loro torroni morbidi al cioccolato, li odio tutti.
Nella mia personale classifica del piacere, il Torrone Nurzia sta al Natale come la Fanta sta alle feste di quando s’era adolescenti. Perché la Fanta te la bevevi solo quando finiva la Coca Cola, e il torrone Nurzia te lo mangi solo quando sono finiti gli altri, in una sorta di inerzia disperante che ti spinge, per gola e per rito, ad afferrare ogni cosa che sappia di dolce.
Purché sia.
Ma è una dolcezza che non mi soddisfa, non mi riempie, non mi gratifica.
Non mi piace.
Lo vivo come una sorta di inevitabile condanna.
Un po’ come il Toblerone, che lo compri in autostrada perché ti va qualcosa di dolce e non è poi così costoso, ma poi ne assaggi un “dente” e lo lasci in macchina, per buttarlo qualche giorno dopo quando ti accorgi che s’è squagliato.
Del Nurzia odio la morbidezza irrisolta, quel fare un po’ appiccicante che al palato me lo rende addirittura fastidioso, ma mai quanto l’ostia che lo protegge.
Ho passato l’infanzia a cercare di eliminare quel fastidiosissimo velo biancastro, rassegnandomi ogni volta alla necessità di dovercelo lasciare. Così come ho passato la stessa infanzia a capire che gusto avesse, perché quel suo essere di cioccolato ma senza prepotenza, nocciolato ma senza cattiveria, mieloso al limite del gommoso, non ha mai generato una sensazione che collimasse col mio gusto.
Ma i miei erano abruzzesi, aquilani della Marsica, quindi a casa il Nurzia (e spesso gli odiosi nurzietti) non mancava mai. Anche perché una volta aperto, non finiva mai, visto che tutti cercavamo di ripiegare su altri dolci. Solo quando si arrivava al terribile derby finale di ogni Natale, quello tra le ferratelle ripiene di una sorta di pasta di mandorle, che faceva mia nonna, e il Nurzia, la scelta ricadeva sul torrone.
Contro il quale avevo elaborato una mia personalissima strategia: lo schiacciavo fino a fargli espellere quasi tutte le nocciole, perché ne restasse una sorta di “plastilina” cioccolatosa, che poi infilavo tra due pezzetti di pandoro.
Era una soluzione accettabile.
E anche oggi, confesso, la tentazione di ripetere lo schiacciamento è stata fortissima, poi però mi sono trattenuto, perché gli anni che passano dovranno pur servire a qualcosa, e anche se il Maestrone Guccini canta che “…ci vuole scienza, ci vuol costanza, ad invecchiare senza maturità…” e io mi sono molto applicato, almeno nei confronti del Nurzia un’evoluzione l’ho fatta. E’ lui, il torrone, che non l’ha fatta.
E’ rimasto sempre lo stesso.
Anacronisticamente triste.
Speravo quest’anno di averlo evitato.
Invece, no.
Il Re Censore
PRODOTTO: TORRONE MORBIDO AL CIOCCOLATO
MARCHIO: SORELLE NURZIA (sito ben fatto)
FRATELLI NURZIA (sito da svecchiare al più presto)
PREZZO: 12,50 euro (scatola 2 stecche da 220 gr)
PROVATO: 20 dicembre 2020
VOTO: 3
ATTENZIONE: TUTTI I GIUDIZI DEL RE - CENSORE SONO LIBERI E INDIPENDENTI, LE AZIENDE CHE VOLESSERO SOTTOPORRE AL GIUDIZIO UN LORO PRODOTTO DOVRANNO INVIARLO A : CERTASTAMPA, VIA MICOZZI 55 - 64100 TERAMO"