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Rteio8 settembre 1943, l’Italia in guerra chiede la resa. Tutto si sfalda nel Paese. Il crollo dell’esercito italiano coinvolge anche Croazia e Slovenia, le due regioni balcaniche confinanti con l’Italia. Esplode la violenza dei partigiani jugoslavi di Josip Broz, nome di battaglia Tito che si vendicarono contro tutti gli italiani che avevano amministratori quei territori. “Li chiamavano fascisti: erano italiani” canta Simone Cristicchi in “Magazzino 18”. 400mila italiani vennero considerati nemici del popolo. Quasi 20 milafurono prima torturati e poi gettati nelle foibe. I primi a finire in foiba furono carabinieri, poliziotti e guardie di finanza, nonché i pochi militari fascisti della RSI e i collaborazionisti che non erano riusciti a scappare per tempo (in mancanza di questi, si prendevano le mogli, i figli o i genitori). Le uccisioni avvenivano in maniera spaventosamente crudele. I condannati venivano legati l’un l’altro con un lungo fil di ferro stretto ai polsi, e schierati sugli argini delle foibe. Quindi si apriva il fuoco trapassando, a raffiche di mitra, non tutto il gruppo, ma soltanto i primi tre o quattro della catena, i quali, precipitando nell’abisso, morti o gravemente feriti, trascinavano con sé gli altri sventurati, condannati così a sopravvivere per giorni sui fondali delle voragini, sui cadaveri dei loro compagni, tra sofferenze inimmaginabili. Soltanto nella zona triestina, seimila sventurati furono gettati nella foiba di Basovizza e nelle altre foibe del Carso.

Alla fine del 1946 la questione italo-jugoslava era divenuta per molti un peso che intralciava la soluzione di altre e ancora più importanti questioni.ll dramma delle terre italiane dell’Est si concluse con la firma del trattato di pace di Parigi: l’Italia consegnò alla Jugoslavia numerose città e borghi a maggioranza italiana rinunciando per sempre a Zara, alla Dalmazia,  a Fiume, all’Istria e a parte della provincia di Gorizia.

I massacri delle foibe e l'esodo dalmata-giuliano sono una pagina di storia che per molti anni l'Italia ha voluto dimenticare.Nel 2005 gli italiani furono chiamati per la prima volta a celebrare il Giorno del Ricordoseguendo le indicazioni della legge nr 92/2004, in memoria dei quasi ventimila nostri fratelli torturati, assassinati e gettati nelle foibe (le fenditure carsiche usate come discariche) dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della seconda guerra mondiale. La memoria delle vittime delle foibe è un tema che ancora divide. Eppure quelle persone meritano, esigono di essere ricordate.Le foibe furono per decenni il ricordo atroce di una minoranza di profughi e il ricordo polemico di una minoranza di “patrioti”. Infine avvenne l’ufficializzazione del ricordo con l’istituzione della giornata dellfoibe e dell’esodo, che furono il frutto di un triplice odio: odio etnico, verso gli italiani; odio ideologico dei comunisti verso i fascisti o presunti tali; odio di classe verso i borghesi giuliani. Per questo furono una concentrazione speciale di orrore e crudeltà.

Per questo le foibe finirono nell’omertà sin da quando furono perpetrate. Perché – come ha ricordato Giampaolo Pansa - tiravano in ballo le responsabilità di un’ala cospicua della lotta partigiana nei massacri, perché incrinavano il rapporto con la vicina Jugoslavia di Tito, perché c’era il tabù della cortina di ferro che spartiva i due mondi, l’occidente filoamericano e l’Est filosovietico.Solo mezzo secolo dopo cominciarono lentamente a risalire dal buio, e a circolare nel Paese, ad affacciarsi timidamente,dei ricordi nei libri di testo e nelle commemorazioni ufficiali.

Non parlo di uguaglianza di visione davanti alla storia. Parlo di umanità, rispetto, civiltà, valori. Sappiamo da tempo, abbiamo acquisito nella realtà dello storia, che  ilvero oppio dei popoli  è stata l’ideologia, e non la religione. La vera droga, l’odio che ha ucciso, massacrato, distrutto, in nome del niente, sono state le ideologie .  Ma  queste non possono continuare a celare la verità: il non voler aderire a una  commemorazione implica un’approvazione tacita per ciò che è accaduto, negando, nella sostanza, il rispetto per le vittime. Non possiamo più negare che quella delle foibe fu una tragedia, una delle pagine più terribili del Novecento per il popolo italiano, ed è giusto onorare la solennità della “Giornata del ricordo”che tiene vivo quanto accadde a quelle persone. E’ importante ricordare, almeno una volta l’anno, che i morti non hanno colore, ogni persona uccisa ha la sua storia, ed è uguale, con pari dignità di vittima. Dobbiamo sempre ricordare che le divisioni non pagano mai e portano a nuove divisioni. I giorni della memoria hanno senso,  solo quando sono il risultato di una maturazione storica, di una coscienza collettiva, sia dei propri errori che delle proprie sofferenze. Ricordarsi di tutta quella povera gente , 10, 100, 1000, 10000 persone, non importa, è un dovere nazionale. Minimizzare, negare, giustificare il tutto , è semplicemente aberrante . Non ci sono morti degne e morti indegne. I morti non hanno colore. 

Leo Nodari