Oramai abbiamo capito che “il Delfico” non riaprirà. Nato come Real Collegio di Teramo nel 1813 in questi mesi freddi è diventato un rifugio per disperati che ogni notte scavalcano, entrano e dormono in quelle che nei miei anni furono le aule di Serpentini, Catenaro Cappelli, Caserta, Di Cesare e tanti altri. Dopo una marea di bla bla bla iniziali sulla importanza di questa struttura per gli studenti, la storia della città, l’identità culturale, il commercio del centro storico, dopo una vagonata di promesse del Sindaco e gli sproloqui di tanti sul “patrimonio prezioso e irrinunciabile” per Teramo, dopo le colpevoli latitanze dei “bravi” di turno sulle perizie normali e super, dopo il nulla seguito al possibile dissequestro, oggi tutto è silenzio. Davanti alle promesse non mantenute anche studenti, docenti e genitori si sono rassegnati. Ciò che purtroppo avevo scritto a dicembre spentasi anche la voce dei comitati spontanei, liberatisi dalle catene Serpentini e Befacchia, tornate nel silenzio le persone di buona volontà, è accaduto ciò che temevo. E ora tutto è silenzio nella città colpita a morte. Davvero non si poteva fare di più per il nostro “Delfico”
Oggi il consiglio comunale sarà chiamato a votare l’autorizzazione per costruire alla Cona dei moduli scolastici – già comprati prima del voto da chi evidentemente sa che i consiglieri comunali alzano il braccio a comando - che vengono definiti provvisori da chi sa che in realtà significa perenni, destinati al “nuovo Delfico” . Solo a me sentire che dei Musp - Moduli a uso scolastico provvisorio cioè la peggiore soluzione possibile per i ragazzi e la città vengono definiti “nuovo Delfico” da tristezza e brividi ? Fatto questo grazie all’accordo tra Sindaco e Presidente della Provincia con il silenzio degli alzatori di braccio la situazione di incertezza dei commercianti della zona via Carducci diventerà crisi manifesta. A nessuno sfugge che il plesso scolastico, da sempre un punto di riferimento per il centro storico, garantiva un flusso costante di migliaia di persone tra studenti e personale, essenziale per il tessuto economico della zona e uno alla volta chiuderanno E siamo al disastro per la città
Sarebbe già grave questo e basterebbe per convincere dei consiglieri comunali a dare un colpo di reni un sussulto di dignità e chiedere le dimissioni del sindaco. Ma purtroppo questa vicenda è solo uno dei motivi per cui questa disastrosa amministrazione che sta distruggendo il tessuto urbano e relegando la città al ruolo di paese dovrebbe cadere. Vogliamo parlare ancora della vicenda stadio “Bonolis” la farsesca convenzione di chi ha scelto di pagare di più per stare peggio ? Vogliamo accennare ai pums un piano di mobilità sostenibile che avrebbe dovuto essere un piano strategico di rilancio della città ma si è ridotto a dipingere le strade della città di blu. Chiedete ai commercianti cosa ne pensano. Sorvolo proprio sui lavori biblici. Non tocco neppure i temi della sicurezza , delle risse in piazza e gli spacciatori fissi a Piazza Garibaldi . Sorvolo sulla figuraccia di Don Gianguido sull’ospedale . Sarei ripetitivo se accennassi alla genialata dei cordoli e alle facezie sull’obbligo di installarli “come ad Asterdam” perché, come dire, Teramo non è proprio Amsterdam (dove non ci sono) .
Ma se il principale colpevole di tutto questo è Don Gianguido (che come Don Abbondio, non decide nulla e non risponde mai) non è il solo. Come scrivono Primo Levi in “Sommersi e salvati” e Leonardo Sciascia in “La verità” i colpevoli di questo “sistema dei peggiori” sono i consiglieri, i Don Abbondio. I pavidi. Quelli che preferisco chiamare “senza palle”. Quelli che abbassano lo sguardo. Gli “ignavi” di Levi (Se questo è un uomo) “Quelli zitti e muti” di Sciascia (Il giorno della civetta). E’ proprio questo che porta i molti don Abbondio contemporanei – mi riferisco in particolare a politici dentro e fuori il palazzo, dirigenti di associazioni, burocrati di Stato – a non esprimere mai una propria opinione, in cambio di presenti concessioni o future promesse convenienze. Che però il più delle volte non arrivano. In questa città sporca, grigia vuota, triste, spenta tra risse in piazza, e spacciatori ovunque i don Abbondio subiscono anche una involuzione genetica che li porta ad associare alla viltà un’altra caratteristica caratteriale non certo meritevole di lode, l’ipocrisia. Viene quindi da pensare che la causa dei molti problemi che affliggono questa città tra monti e mare, con una cultura gastronomica che potrebbe farla essere una perla del turismo affanna e progressivamente si spegne, sia solo l’interesse di Don Gianguido che andare a Roma. Mentre a Roma ci andrà Mariani.
Leo Nodari