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WhatsApp_Image_2022-12-05_at_19.20.32.jpegSi è svolta a Roma, nella giornata di sabato 3 dicembre 2022, una manifestazione nazionale contro la guerra, il governo Meloni e il carovita, organizzata da tutte le sigle dei sindacati di base tra cui USB, SI COBAS, CUB e SGB e dalle forze politiche della sinistra, con lo slogan “giù le armi, sù i salari”. Alcune migliaia di persone sono scese in piazza, nonostante il maltempo, dando vita ad un lungo corteo che ha attraversato le vie della capitale con un fiume di bandiere rosse da Piazza della Repubblica fino a San Giovanni dove si sono tenuti gli interventi dei promotori. Moltissime le lavoratrici e i lavoratori presenti, dopo lo sciopero generale organizzato nella giornata precedente dal sindacalismo conflittuale e di classe. Questa importante mobilitazione ha visto la convergenza di molte realtà tra sindacati, partiti della sinistra, movimenti studenteschi, collettivi politici, centri sociali e comitati, ma è stata completamente e vergognosamente censurata dai grandi mass media nazionali, compreso il servizio pubblico RAI.

Presente in piazza anche il Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea ed Unione Popolare, con il Vice Presidente della Sinistra Europea ed ex Ministro Paolo Ferrero e molte compagne e compagni provenienti da tutta Italia, che hanno sfilato portando uno striscione di protesta contro gli aumenti delle bollette di luce e gas ed alcuni cartelli con su scritto “No all’invio di armi, più sanità pubblica meno spese militari, negoziati subito, fuori l’Italia dalla Nato, basta sanzioni alla Russia. La Federazione provinciale di Teramo di Rifondazione Comunista ha partecipato con una propria delegazione, con il segretario provinciale Mirko De Berardinis ed alcuni militanti.

Il governo Meloni ci sta trascinando sempre più dentro una spirale di guerra dagli esiti imprevedibili. L’Italia è un paese belligerante e attivo nel conflitto, nonostante la grande maggioranza della popolazione sia contraria alla guerra e al conseguente forte aumento delle spese militari. Per sostenere queste ultime, ci si chiede di aderire a una economia di guerra che si colloca in piena continuità con l’operato del precedente governo Draghi, e più in generale con tutti gli esecutivi che in questi anni ci hanno chiesto di pagare con l’austerità i costi di crisi che non abbiamo creato né voluto. Mentre i salari, le pensioni, i redditi da lavoro e gli ammortizzatori sociali sono al palo da anni, il fortissimo aumento dei prezzi per tutti i beni e servizi essenziali produce un peggioramento generalizzato delle condizioni di vita. Ormai arrivare a metà del mese è un problema, altro che alla fine… E in questo contesto è inaccettabile che la gran parte dei sostegni vada alle grandi imprese! Altro che flat tax, taglio del cuneo fiscale, cancellazione del reddito di cittadinanza e riduzione dei servizi pubblici, controriforma della scuola e ulteriore taglio della sanità pubblica: serve che si colpiscano i grandi profitti e i patrimoni accumulati per decenni. Le risorse ci sono, come dimostra la vicenda dei 40 miliardi di extraprofitti ottenuti con la speculazione sul prezzo del gas, e vanno messe a disposizione di salari, pensioni e per aumentare il reddito degli strati sociali più colpiti dalla crisi, in primis i precari e i disoccupati.

Anche le promesse avanzate nei mesi scorsi sul tema della conversione ecologica si sono tradotte in progetti di installazione di nuovi rigassificatori e inceneritori in diversi territori, utili al business dei soliti noti e non certo alla salvaguardia dell’ambiente. Si ricomincia a parlare di grandi opere inutili (come il Ponte sullo stretto), mentre scuole, università, strutture sanitarie, territori stravolti dal dissesto idrogeologico, dal cambiamento climatico e dalla speculazione cadono e franano letteralmente in testa alle persone che li attraversano. In poche settimane, il nuovo governo ha già pienamente svelato la propria natura reazionaria, con l’attacco ai diritti e alle agibilità democratiche, la criminalizzazione degli immigrati, l’aumento delle spese militari al 2% del PIL e il massiccio invio di armi all’Ucraina, ordinato da USA e NATO, già confermato per tutto il 2023… altro che pace! Dai posti di lavoro, alle scuole, alle università; dai movimenti per la difesa dell’ambiente alle realtà sociali e sindacali: è ora di dire basta! Rifondazione Comunista sostiene le lavoratrici e i lavoratori, i pensionati, i disoccupati e i precari che protestano contro la guerra e il carovita e si batte per la ripresa di una nuova grande stagione di lotte in tutto il Paese, unica via per contrastare le politiche neoliberiste dell’austerità che colpiscono i ceti popolari.

Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
Federazione Provinciale di Teramo