Il Gran Sasso è la montagna più bucata d’Europa: negli ultimi 50 anni sono stai fatti 133 sondaggi per 23mila metri lineari di carotaggi. Nonostante eminenti esperti in materia esprimano seri dubbi sull'utilità di bucare ancora la montagna, siamo alle solite: in autunno sono previsti nuovi buchi e poco ci rassicurano i mielosi comunicati istituzionali sui “minori disagi possibili per l'utenza”. Sono tuttora irrisolti, inoltre, i problemi di governance del Gran Sasso, dove si assiste ad un incredibile sovrapposizione di competenze e relativo scaricabarile, mentre il Governo si nasconde, invece di mettere a disposizione tutte le risorse necessarie a risolvere definitivamente i problemi dell'acquifero e rischi di contaminazione.
I cittadini assistono preoccupati ai nuovi annunci sulla ripresa dei carotaggi, dopo aver subito enormi disagi per i pochi giorni di chiusura del traforo (dal 14 al 24 ottobre 2024). Carotaggi a parte i cittadini e le imprese non possono patire i disagi conseguenti alla chiusura del traforo per i lavori successivi di messa in sicurezza che richiederanno da uno a tre anni (quindi saranno almeno sei, per come vanno le cose in Italia).
Scarsissima la trasparenza sulle opere da fare, solo generiche rassicurazioni sui disagi, del tutto carente il dibattito pubblico, pure previsto dalla legge, nella finalità di garantire il coinvolgimento della società civile nei processi decisionali sulle grandi opere che hanno un notevole impatto economico, sociale ed ambientale per la collettività.
Diciamo subito che non è neppure ipotizzabile prevedere la chiusura del traforo per un lungo periodo e neppure è ipotizzabile il disastro già sperimentato del senso unico alternato. Sarebbero scelte che comporterebbero per L'Aquila un danno gravissimo e saremmo davvero curiosi di conoscere l'opinione del Sindaco dell’Aquila sulla questione. La chiusura del traforo, o la limitazione alla circolazione, provocherà un disagio enorme per i pendolari, per il settore dell’autotrasporto di merci e persone, per i turisti e per l’intera economia regionale. A fronte di questa prospettiva gravissima, stupisce il silenzio del Comune dell'Aquila e sorprende la superficialità dei decisori pubblici.
Abbiamo già visto nell'ottobre scorso la fuga dalla responsabilità degli esponenti politici della maggioranza di Governo a fronte delle proteste dei trasportatori che hanno stimato in circa 600mln di euro l'impatto sul costo del trasporto merci derivante da una chiusura alternata per un anno. E pensiamo poi agli enormi disagi per i pendolari e per i turisti che sceglieranno sicuramente mete alternative rispetto all'Abruzzo. Riproporre per l'autunno del 2025 lo stesso scenario sonoramente bocciato un anno prima è francamente inaccettabile, sarebbe un danno insostenibile soprattutto per le aree interne aquilane già penalizzate dall'assenza di opere infrastrutturali alternative come una ferrovia veloce.
Saremo vigili ed avvertiamo da subito: se il traforo verrà chiuso o sostanzialmente limitato nella circolazione, riprenderemo la raccolta firme per la class action già avviata sei mesi orsono, per ottenere un risarcimento danni per cittadini e le imprese. Invitiamo il Comune dell'Aquila a non nascondersi e prendere decisamente in mano la questione e trovare una soluzione possibile. I disagi sono troppi e troppo pesanti, la class action sarebbe legittima, e non possiamo subire come aquilani un danno irreparabile.
Sono anni che si svolgono analisi geognostiche, tavoli tecnici, conferenze stampa consolatorie e comunicazioni contraddittorie ma non è stata ancora attuata una soluzione soddisfacente, tranne generiche promesse ed il disastroso già sperimentato senso unico alternato.
Gianni Padovani
Enrico Verini
(Consiglieri Comunali dell’Aquila)