Ho atteso due giorni, respirando di diaframma, prima di dissertare, a ruota libera, sull’epilogo del campionato del Teramo. A caldo, non sarei stato lucido, vista l’ennesima sconfitta nei derby e la mancata conquista del secondo posto.
Nulla di nuovo nel cielo sopra Teramo. Il campionato è finito, i biancorossi sono terzi in classifica, al netto del noioso ed inutile seguito dei play off. I bilanci si fanno a bocce ferme. Ed è giunta l’ora.
Ci esprimeremo per assiomi. Il Città di Teramo ha fatto un buon campionato, in un girone, quello F di serie D, che si è rilevato modesto, privo di spunti particolari, nel quale sono emersi pochi profili interessanti. La Samb ha vinto nettamente il campionato, con una squadra normale e con una società che, secondo i ben informati, avrebbe prodotto pure un significativo utile d’esercizio.
Nessuno, tranne che rispunti l’anima di Rinus Michels, quello che ha inventato il calcio diverso rispetto alla viva il parroco, può affermare che la Samb avesse un organico stratosferico. Tranne qualche calciatore, la Samb si è presentata ai nastri di partenza con una squadra che, per alcuni, aveva un organico inferiore a quello della scorsa stagione.
Primo assioma. Per vincere questo campionato, occorreva, oltre alla usuale dose di fortuna, una squadra ben attrezzata, ma sostanzialmente di categoria. Il Campobasso dello scorso anno lo avrebbe vinto a punteggio pieno.
Veniamo al Città di Teramo. Dopo l’inferno della Promozione e dell’Eccellenza, i biancorossi si presentavano ai nastri di partenza come matricola. Nel rapporto qualità-prezzo, il Teramo ha avuto un ottimo rendimento. Alcuni spunti possono sostanziare il concetto. Torregiani (2007), Di Giorgio (2006), Menna, Brugarello, Cipolletti ed altri under non avevano mai disputato un campionato di serie D. Cioè l’intero reparto difensivo. Davanti, è venuto a mancare il pieno apporto di Stefano Di Egidio, al pari dei gol di Galesio. Sicuramente, l’apporto di Pavone è stato decisivo, così come buono è stato l’apporto di Touré. Ottimo l’inserimento di Angiulli, seppure tardivo.
Adesso, si ricomincia da zero. Se è vero che potrebbero cambiare il Direttore generale e il Direttore sportivo, si ripartirà da capo. Ogni stagione è storia a sé nel calcio. Ciò che hai fatto l’anno prima non conta nulla, tranne che si decida di non toccare palla e lasciare l’assetto così com’è.
L’unica conferma è quella di Marco Pomante: bravo, determinato, umile. La conferma di Paolo D’Ercole appare questione dirimente. Un suo allontanamento rappresenterebbe un passo indietro per il Città di Teramo. In primis, perché il Ds avrebbe mercato per accasarsi in società ambiziose di sbarcare tra i professionisti. In seconda istanza, per i rapporti tra un Direttore sportivo e un allenatore sono lo scibile più complesso che la psicologia umana conosca. Guai a separarne sorti, obiettivi, riconoscimenti.
E poi perché non confermare D’Ercole? Chiede più soldi? Se li è meritati. Chiede una squadra più competitiva? Lo chiede l’intera Teramo calcistica. Ha scartato qualche pupillo?
Ha lunga esperienza, che lo rendono uno dei più capaci profiler di calcio.
Gli assiomi della stagione.
Il Città di Teramo non ha mai subìto veramente le formazioni avversarie. Certo è che ha perso quasi tutti i derby (tranne Chieti in trasferta) e tutte le partite di cartello. La personalità non è una questione collettiva, ma individuale. Un allenatore non è Freud, né un motivatore di professione. Non ne ha i mezzi. I collettivi esprimono la personalità quale somma delle personalità di ciascun calciatore. Quest’anno è mancata.
E’ mancato pure un difensore leader, uno che muove la linea, che la salta, che aggredisce, che guida la truppa. Così come è mancato un bomber. Non è cosa facile trovare un cannoniere. E’ il mestiere, dopo il portiere, più difficile del calcio. In 34 partite, una media di 0,5 reti a partita, in serie D, non è una richiesta di fantascienza. Eppure, la classifica dei marcatori è stata vinta da 3 calciatori con 15 reti, di cui uno, Eusepi, ha saltato molte gare. A riprova, che il campionato non ha offerto grandi spunti. Infine, un ringraziamento deve essere indirizzato al Presidente del Club. Non è facile fare calcio a Teramo. Da una parte, le consolidate esigenze di un pubblico attento ed ambizioso, dall’altra un tessuto economico che fa fatica ad identificarsi con lo sport nazionale. Anzi, un reticolato economico molto indifferente al calcio. Speriamo che la prossima stagione restituisca a Teramo, città capoluogo, il minimo sindacale del calcio vero: la serie C.
GIGIRRIVA