Il governo post comunista – qualunquista grillino sembra aver rimosso persino il ricordo della convenzione europea dei diritti dell’uomo, e, in particolare, l’art. 3 (trattamenti inumani e degradanti), la cui sistematica violazione è divenuta ormai una prassi diffusa che ha condotto alla pronuncia di numerose condanne dello Stato Italiano, con grave danno per l’Erario.
Parlare di “distanziamento sociale” nelle superaffollate carceri italiane non ha alcun senso ove si consideri, salvo rare eccezioni, la condizione d’illegalità diffusa e strutturale in cui versano gli istituti penitenziari, accertata e “sanzionata” con recenti pronunzie da parte anche dei Tribunali Abruzzesi. Ricordo, a titolo d’esempio (VEDI QUI), quanto denunciato nella conferenza stampa tenuta a Teramo il 24 aprile 2019 insieme all’On. Stefania Pezzopane, in relazione alla situazione (a dir poco) critica in cui versava (e versa) il carcere di Teramo:
“……. “Bisogna intervenire urgentemente. Vi è una condizione di sovraffollamento così esplicita che non può che determinare conseguenze quali quelle che hanno denunciato i detenuti, che vivono in uno spazio ristrettissimo: dov’è prevista una persona, ce ne sono due. I servizi igienici sono molto carenti e mi ha colpito quanto è stato riportato in merito alla difficoltà di contattare gli avvocati…" - ha concluso la Pezzopane.”
Un grave problema beatamente rimosso dal Governo, impegnato ad adottare provvedimenti la cui utilità ai fini del contenimento del contagio da “chinavirus” appare di non agevole (se non impossibile) comprensione.
Si pensi all’imposizione dell’obbligo delle mascherine anche all’aperto “ad eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche del luogo o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione d’isolamento rispetto a persone non conviventi”, quando sarebbe stato sufficiente imporre e “garantire” il semplice e meno disumano distanziamento.
Quest’ultima è certamente una misura di prevenzione, mentre “l’isolamento” una pena accessoria all’ergastolo. (Leggi anche QUI)
Certo è che, se per il governo è necessario imporre l’isolamento di 60 milioni di cittadini, non c’è poi da stupirsi se la violazione dell’art. 3 CEDU consumata in danno dei carcerati, sia caduta nel più completo oblio.
Ma se l’emergenza sanitaria esiste, allora assume certamente connotati di maggior gravità in quei luoghi che più chiusi non sono, ove si verifica una condizione di grave ed inevitabile sovraffollamento, persino durante le ore di riposo notturno.
Non è stato proprio uno dei “leader” dell’”opposizione” ad aver affermato che se il Governo gli ordinasse d’indossare la mascherina durante la notte sarebbe pronto ad obbedire ciecamente?
Ma, alla già denunciata violazione dei diritti dell’uomo, deve purtroppo aggiungersi il rischio concreto del diffondersi di una patologia che colpisce le persone in assoluto più vulnerabili e deboli.
Ed è inconcepibile immaginare che i carcerati debbano vedersi limitata la capacità di respirazione persino durante “l’ora d’aria”!
E che dire degli operatori penitenziari, costretti a prestare servizio in condizioni di pericolo e inaccettabile disagio ed a gestire, senza adeguati mezzi, una situazione che rischia di tornare “esplosiva”?
Ma l’amnistia e l’indulto, unici rimedi idonei a rimuovere la condizione d’illegalità delle carceri e l’insostenibile sovraccarico del processo penale aggravatosi con l’emergenza sanitaria, rimangono un tabù, però con qualche rilevante eccezione.(Leggi anche QUI).
Il Governo “giallorosso”, in realtà, sembra più orientato a seguire una particolare e selettiva forma di “amnistia”, volta a difendere i privilegi della casta, un’amnistia di casta.
È sufficiente prendere in esame la strisciante “abolitio criminis” dell’abuso d’ufficio, ora di (quasi) impossibile configurazione dopo la recente riforma. (Leggi anche QUI) Quale lo scopo? Certo è che ora sarà più agevole la consumazione del delitto di corruzione, poiché diverrà (a dir poco) arduo per le Procure indagare su tale grave reato, come del resto dimostra l’esperienza giudiziaria delle numerose indagini per corruzione nate da un’originaria iscrizione nel registro delle notizie di reato per il meno grave (ed ora di fatto abrogato) delitto di abuso d’ufficio, ma che hanno poi condotto all’accertamento del più grave delitto di cui all’art. 319 c.p. Un vero e proprio “risparmio” per la giustizia. Nessun processo e carcere per i corrotti?
Vincenzo di Nanna