“Il Messaggero” del 31 gennaio 1959 dava ai lettori una buona notizia. Finalmente una buona notizia. Lo diceva esplicitamente, e quasi trionfalmente, il titolo: “Un mercato coperto a due piani sorgerà entro il 1960 in via Stazio”. Ma dove? Lo diceva l’occhiello: “Sull’area di risulta dei vecchi palazzi E.C.A.”. Eh già… le aree di risulta. Quante ce n’erano a Teramo… nel 1959. Con tutti quegli abbattimenti. Ce ne sono anche oggi di area di risulta. Risultano sempre, le aree. Nel senso che avanzano. Avanzano sempre delle aree se gli edifici vengono abbattuti. Bene, lì, in quella zona c’era un’area di risulta. Che ci mettiamo? Un bel mercato coperto. E’ da tempo che lo sogniamo. Il sommario diceva che i lavori sarebbero iniziati entro l’anno. Al piano terreno avrebbero trovato posto i banchi della verdura, nel seminterrato la pescheria, all’esterno quattro locali di cui uno destinato a bar. Una notizia che finalmente faceva piacere, scriveva Nino D’Amico. A tutta la cittadinanza. Era stata data personalmente dal sindaco, prof. Carino Gambacorta in una conferenza stampa. Sarebbe iniziata finalmente la costruzione del tanto auspicato mercato coperto, che avrebbe soddisfatto le aspirazioni delle donne e dei commercianti, dei venditori e dei rivenditori di prodotti ortofrutticoli, uova, pollame… Tante volte il giornale aveva scritto della necessità di un mercato coperto e tutta la cittadinanza aveva atteso per anni la soluzione di un gravoso problema. Ci si era fatti tante volte interpreti di una esigenza cittadina segnalata dai lettori con insistenza, prospettando, sia pure in maniera non prettamente tecnica, almeno una soluzione provvisoria. Ma ora arrivava, finalmente, una soluzione definitiva. Alleluia!
Quando un problema veniva affrontato e risolto era sempre una cosa buona che si faceva in favore della città. Era un punto a favore nella vita, non sempre facile, dell’amministrazione comunale e bisognava spendere una buona parola per chi, come il sindaco Gambacorta, si batteva per la vecchia e nobile Teramo, andando oltre le sue stesse possibilità. Era bene, scriveva D’Amico, che il riconoscimento venisse da un giornale che spesso si era distinto per critiche all’amministrazione forse fin troppo mordaci. Il mercato coperto sarebbe sorto sull’area di risulta dell’abbattimento dei vecchi edifici dell’Ente Comunale di Assistenza, di quasi 2.500 metri quadrati. Sarebbe stato di due piani, quello inferiore sul piano stradale di Via Stazio, quello superiore a livello della piazza. I due piani sarebbero stati collegati da una comoda scala interna e vi sarebbe stata anche un’ampia galleria. Nella parte che si affacciava sulla piazza sarebbero sorti negozi, verande e vetrine. Insomma sarebbe stato un edifico modernissimo, completo nel vero senso della parola, studiato con particolare accortezza, progettato dall’ufficio tecnico del comune con competenza ed efficienza, funzionale e razionale. Sarebbe stata un’opera di cui i teramani sarebbero andati fieri… sì, fieri, per non moltissimi anni, perché noi teramani di oggi, del 2024, stiamo assistendo al suo abbattimento. Quella che era un’area di risulta sta ridiventando di nuovo un’area di risulta e sopra sarà costruito…. Quel che sarà costruito. Per ora c’è un cantiere, che procede a rilento. Quando apriremo l’uovo di Pasqua, magari verso Natale se non a Capodanno o a Carnevale, vedremo che cosa ci troveremo e sei potremo andarne fieri, come siamo andati fieri per qualche decennio del mercato moderno, anzi modernissimo, diventato in poco tempo vecchissimo, tanto da dover essere abbattuto. Nulla è per sempre, specie a Teramo. Così in quell’area prospiciente Via Stazio sono tornate le ruspe e i picconi. Che Dio ce la mandi buona.
ELSO SIMONE SERPENTINI