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Col passare dei giorni, il “caso Kiran” assume sempre più i contorni di un’intricata vicenda sospesa tra legge e fede, tra verità accertate e accuse mai provate, tra soldi donati e prestiti mai restituiti, con risvolti ai limiti del giallo.

Nella vicenda esplosa con la clamorosa contestazione in chiesa (LEGGI QUI LA STORIA), c’è addirittura uno schiaffone, che sarebbe volato tra confratelli nel segreto del convento di San Domenico, e in risposta del quale nessuno ha offerto l’altra guancia, anzi: è finito tra i capi d’accusa a padre Kiran, che gli sono costati l’allontanamento da Teramo.
Capi d’accusa ai quali, però, padre Kiran non ha avuto la possibilità di rispondere.

Non s’è potuto difendere. 

Un ruolo forse decisivo, in questa storia, l’avrebbe avuto un religioso in particolare, padre John Paul, che di rientro dagli Stati Uniti e prima di andare in India si ferma a Teramo.
Sono i giorni che intercorrono dal 21 al 24 gennaio 2024, padre Kiran è in India in vacanza da un mese, dovrebbe rientrare in Italia il 29. 
Padre John Paul non dorme in Convento, ma è ospite della Diocesi di Teramo, tanto che alloggia nel seminario di piazza Martiri. E non solo: incontra la comunità dei fedeli, il 23 gennaio alle 15:30 a San Domenico.

Si muove con grande libertà, eppure, del suo passaggio a Teramo nessuno sapeva nulla.
O meglio: non lo sapeva di certo padre Kiran.
Anche perché, tra i due, non corre buon sangue, visto che negli atti del “caso” c’è anche il racconto dello stesso Padre John Paul che, mesi prima, aveva accusato Padre Kiran di avergli provocato il distacco della retina con uno schiaffo.
Della sua presenza a Teramo, sapeva però la Curia teramana, tanto che non sembra causale il fatto che, il 23 gennaio, proprio mentre padre John Paul è in città, parta dal segretario del Vescovo di Teramo quella mail (LEGGI QUI) che chiede al superiore dei Pallottini in India di non far rientrare Padre Kiran. 

Tra gli allegati di quella mail, c’è anche un documento importante: «…le invio il fascicolo riguardante la fondazione eretta privatamente da padre Kiran, e per le quali il sacerdote raccoglie fondi senza l’autorizzazione dell’Ordinario e nemmeno della vostra Congregazione…».

C’è chi sostiene che quel fascicolo fosse tra le carte personali di padre Kiran, nel suo ufficio a San Domenico. 

Se è così, chi l’ha preso? 

E perché non chiederlo direttamente a padre Kiran?

Tra le “carte” che finiscono tra i capi d’accusa contro Padre Kiran, c’è anche la lettera di una signora di Montorio, che avrebbe consegnato 40mila euro allo stesso Kiran, per sostenere i progetti della Fondazione “Jesus Mission Possible”, ma che alla luce del “caso” esploso, li rivuole. 

«E Kiran è pronto a restituirli, ma non può farlo se gli impediscono di tornare in Italia - spiega Michele Zizzari, il fiduciario dell’ex Rettore - non appena potrà tornare, andrà in banca per fare il bonifico alla signora». Non andranno restituiti, invece, i 30mila donati da un pensionato di Teramo per le opere della Fondazione.

Padre Kiran vuole tornare, per spiegare e difendersi.

Anzi: deve tornare.
Con un metodo, che sfiora le pratiche dell’inquisizione medievale, infatti, all’ex rettore del convento di San Domenico, fino ad oggi non è stata ancora concessa la possibilità di difesa.

«C’è chi parla anche di documenti segreti in mano agli accusatori - continua Zizzari - se è così, li contestino e offrano a Padre Kiran la possibilità di difendersi, nessuno può essere condannato per “presunzione di colpa”… »

Spiega ancora il fiduciario: «Quali norme canoniche o costitutive dei Pallottini sono state violate per assumere questi atteggiamenti? E’ vero che l’Ordinario, avuta notizia “almeno probabile” di un delitto (canone 1717 comma 1), può dar luogo all’indagine, se la notizia è probabile ma non così sicura al punto tale da poter iniziare direttamente un processo penale. Ma, durante tutta la investigazione bisogna evitare che qualcuno, anche l’indiziato, possa essere danneggiato sulla sua buona fama (canone 1717 comma 2). Sebbene non obbligatoria, secondo il diritto latino, il canone 1469, comma 3, stabilisce che l’Ordinario deve prendere delle iniziative pastorali, per esempio informandosi dall’indiziato sulla sua situazione e sui fatti, e comunque obbliga il Gerarca ad ascoltare l’indiziato prima di decidere sull’avvio del processo. Quali dunque sono le accuse che muove la Diocesi di Teramo-Atri? E quali sono i motivi documentati che obbligano padre Kiran a rimanere in India, lontano dal suo ministero?».

Domande tante, risposte ancora poche.

Ma resteranno pochissime, se chi può, deve e vuole darne è costretto a rimanere in India.