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ResurrexioIl venerdì sulla sua tomba scrissero “Hic jacet. Era stato deposto dentro il sepolcro, dietro una pietra. A coprirlo solo un lenzuolo di lino. All’alba della Domenica, mentre la luce del primo sole spazzava l’erba coperta di rugiada, alla Maddalena, alla peccatrice, l’angelo dice: “Non è qui”. Lei si interroga e lo faccio anch’io 2000 anni dopo. Davanti al mistero del sepolcro vuoto mi chiedo: cosa dice oggi la Pasqua? Cosa chiedono oggi a quel lenzuolo di lino più di un miliardo di persone che ieri hanno visto online l'ostensione straordinaria della SindoneMa soprattutto, cosa potrebbe dire a chi non condivide la fede e la speranza? "Penso al Signore crocifisso e alle tante storie dei crocifissi di questa pandemia, medici, infermiere, morti al fronte come soldati". Penso a tutte le persone in difficoltà, a chi ha timore, a chi non sa come sfamare la famiglia, a chi teme per il lavoro, a chi piange in silenzio perché non vede il futuro. Penso a tutte le sofferenze personali o collettive che gravano sull’umanità, causate o dalla cattiveria o negligenza degli uomini. Le parole di tante persone che mi chiamano, mi danno la percezione di un peso quotidiano che grava sull’uomo, di una diffusa sensazione di malessere, una fatica di vivere. È un atteggiamento che si traduce poi in un tirare avanti, un sopravvivere a se stessi piuttosto che affrontare la vita, pur, a volte, nei suoi risvolti di difficoltà, durezza, oscurità. La morte di un mio amico, un padre meraviglioso, un professionista serio, che abitava nel palazzo vicino al mio, con cui ho diviso tanti momenti di allegria, di impegno, tante passeggiate in montagna, mi ha portato ieri a pensare soprattutto ai malati, a coloro che soffrono, a coloro che non sanno a chi comunicare la loro angoscia, ai poveri, ai disperati, ai giovani senza speranze.Un popolo sterminato che cerca salvezzaPenso agli studenti che “incontrerò” martedì in rete, quegli studenti sbruffoni e timidi, che mi chiedono di Manzoni, di Do Rodrigo e si capisce che vorrebbero poter contare solo su ciò che sanno, e non su chi conoscono. E mi chiedo, oggi, proprio oggi, cosa dice un sepolcro vuoto a chi anela ad un futuro migliore, a chi cerca rifugio nelle droghe, a chi cerca protezione in una bottiglia, a chi anela giustizia, a chi ha paura di credere, ai lavoratori sfruttati da quelli con il vestito nuovoFermi, increduli, davanti ad un sepolcro vuoto, penso insomma a tutti coloro che sentono nella carnela debolezzala fragilità umana: la maggioranza degli uomini e delle donne di questo mondo.Mentre la maggior parte dell’umanità vive crocifissa dalla povertà, dalla fame, dalla scarsità d’acqua e dalla disoccupazione.  Mentre crocifissa è anche la natura lacerata dall’avidità industriale che si rifiuta di accettare limiti. Uno sguardo religioso e cristiano vede Cristo stesso presente in tutti questi crocifissi. Per avere assunto pienamente la nostra realtà umana, lui soffre con tutti i sofferenti. Il primo Vangelo di San Marco, narra con parole terribili la morte di Gesù. Abbandonato da tutti, in cima alla croce, sospeso tra cielo e terra, inchiodato ad una croce nel modo più umiliante del tempo, si sente anche abbandonato dal Padre di misericordia e bontà. Gesù grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? “(Mc 15,34.37). L’indifferenza dei più decretò la crocifissione di Gesù. Ma non può definire il senso che lui ha dato alla crocifissione che gli fu imposta. Il Crocifisso ha definito il significato della sua crocifissione come solidarietà con tutti i crocifissi della storia che, come lui, erano e sono vittime di violenza, di relazioni sociali ingiuste, d’odio, d’umiliazione dei piccoli e di rifiuto della proposta di un Regno di giustizia, fratellanza, compassione e amore incondizionato. Gesù gridò a grandi voce: “EloìEloìlamásabacthani: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Gesù è sull’orlo della disperazione. Dal vuoto abissale del suo spirito, esplodono domande spaventose. Fermi, increduli, davanti ad un sepolcro vuoto che celebra la Pasqua, la resurrezione, la redenzione dei peccati, mi vengono in mente le parole del Vangelo: Gesù risorto apparirà con i segni della passione per dire che la risurrezione non cancella la croce. Non cancellando la croce, non cancella nemmeno la sofferenza, il peccato, la malvagità e tutto quanto di negativo c’è attorno alla croce di Gesù. Perché? La risposta è importante: perché il Signore ci salva non buttando via niente di noi, ma trasformando tutto. Non cancella la sofferenza, ma le dà un senso; non cancella il peccato, ma lo rende occasione di perdono; non cancella la morte, ma la apre alla vita. Per questo allora la passione non è cancellata, non è messa tra parentesi dalla risurrezione. E questo ci dice che anche le nostre fatiche, le nostre sofferenze, persino i nostri peccati non sono realtà che il Signore cancella, ma che il Signore salva. Dobbiamo allora celebrare tutta intera la settimana santa. Non dobbiamo saltarla per arrivare subito a Pasqua, perché ci dice che non solo i giorni belli, i gesti di amore, le realtà positive sono salvate, ma tutta la nostra vita è salvata. Vorrei che la Pasqua fosse sentita soprattutto come un invito alla speranza anche per i sofferenti, per le persone anziane, per tutti coloro che sono curvi sotto i pesi della vita, per tutti gli esclusi dai circuiti della cultura predominante, che è (ingannevolmente) quella dello star bene a costo di stare male”come principio assoluto. Vorrei che il saluto e il grido Cristo è risorto” percorresse le corsie degli ospedali. Tutto questo richiede una grande tensione di speranza. Sperare così può essere difficile, ma non vedo altra via di uscita dai mali di questo mondo, a meno che non si voglia nascondere il volto nella sabbia e non voler vedere o pensare nulla. Più difficile è però per me esprimere che cosa può dire la Pasqua a chi non partecipa alla fede ed è curvo sotto i pesi della vita. Vedo così che c’è dentro tutti noi qualcosa di quello che san Paolo chiama «speranza contro ogni speranza» (Lettera ai Romani, 4,18), cioè una volontà e un coraggio di andare avanti malgrado tutto, anche se non si è capito il senso di quanto è avvenuto.È così che il sepolcro vuoto, l’uomo sulla croce e la risurrezione entranonell’esperienza quotidiana di tutti. La vita nella Pasqua si mostra più forte della morte, può cambiare, può risorgere. Dunque c’è sempre speranza.Spes contra spem”. Anche quando occorre sperare contro ogni speranza. Buona Pasqua

Leo Nodari