Nella surreale Regione Abruzzo targata centrodestra capita anche di leggere che Paolo Gatti intervenga sulla riqualificazione dell’ex manicomio di Teramo, ascrivendo all’attuale giunta regionale la validazione del progetto e il futuro (?) stanziamento dei fondi. Occorre rinfrescare la memoria all’ex assessore regionale: la riqualificazione della struttura è stata già finanziata con 35 milioni di euro nel Masterplan approvato nel maggio 2016 grazie a un accordo tra la giunta regionale che ho presieduto e il governo nazionale. Due anni fa mi sentii persino costretto a scrivere al vescovo di Teramo, mons. Lorenzo Leuzzi, per invocare la celebrazione di una messa per far partire i lavori. Bisogna infatti ricorrere all’aiuto divino per capire quali siano i motivi che non permettono l’avvio del cantiere, considerato che le risorse sono pronte da ben 90 mesi e la progettazione è stata elaborata. E adesso Gatti arriva come Alice nel paese delle meraviglie e strologa di finanziamenti futuribili, senza citare minimamente le risorse del Masterplan. Certo, ormai siamo in campagna elettorale e ogni occasione è buona per il neo-iscritto a Fratelli d’Italia, in cerca di visibilità per rafforzare una candidatura il cui esito è quantomai incerto. A Gatti vorremmo rivolgere una domanda: che fine ha fatto il proposito, da lui annunciato su Facebook nel giugno 2018, di ritirarsi dalla politica? All’epoca disse: “La politica non mi piace più” perché in essa “regnano arrivismo, incompetenza, ipocrisia, violenza verbale e scorrettezza”. E ora? E’ cambiato qualcosa? L’arrivo di Giorgia Meloni al governo lo ha illuminato sulla via di Damasco, o meglio dell’Aquila? Attendiamo risposte, nel frattempo Gatti può documentarsi sull’iter dell’ex manicomio di Teramo, di cui finalmente (bontà sua) ha preso coscienza. Meglio tardi che mai.
On. Luciano D'Alfonso